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Un convegno promosso dall’Acli ha ricordato i sessant’anni dall’elezione. È stato messo in risalto il ‘bene del vivere’ colto dall’uomo politico nella sua attività

Un convegno promosso dall’Acli ha ricordato i sessant’anni dall’elezione. È stato messo in risalto il ‘bene del vivere’ colto dall’uomo politico nella sua attività
Nato in Sicilia e trasferitosi a Firenze nel 1926, Giorgio La Pira (1904-1977), dal ‘34 ordinario di Diritto romano, poi, procedendo per sommi capi, deputato Dc all’Assemblea Costituente con un ruolo decisivo in non pochi punti della stesura della Costituzione, diviene sindaco della città del fiore 60 anni fa. Era il 6 luglio del 1951. Questo primo mandato durò fino al 1958. Ne seguì un secondo dal 1961 al 1965. Una vita appassionata, la sua, che rigetta laicamente la dissociazione tra vizi privati e pubbliche virtù (in questo assai vicino a Wojtyla che ha solo sfiorato ma non ha conosciuto e che lo porrà, nel ‘94, tra i grandi italiani accanto a Galilei, Colombo e De Gasperi) e tra fede e vita vissuta. Riprendendo una recente espressione del Presidente Obama, non lasciava la fede dietro la porta di casa. Per molti versi ha realizzato con anticipo un “must” delle teorie più nobili degli ultimi anni: vivere locale, pensare globale. Scrive nel 17 aprile ‘59 a Cesare Matteini, suo assessore e poi senatore, queste parole che riporta insieme a due lettere nel suo ‘Memoriatre’ (Polistampa, 2007) e a interessanti considerazioni del suo rapporto con Aldo Moro: “I discorsi politici fiorentini ed il dialogo politico fiorentino si pongono – per me– sue questo ‘strano’ livello e su questa ‘misteriosa’ terrazza: una terrazza sul mondo, sulla ‘pienezza dei gentili e sulla pienezza degli ebrei” come S. Paolo dice nell’epistola ai romani. So bene che così si spezzano gli schemi della comune ‘dialettica’ di partito e partitica: ma non potrei vedere le cose in maniera diversa”. L’attualità politica di La Pira è stata al centro, a partire dal sessantesimo anniversario della sua prima nomina a sindaco, di un convegno promosso da Acli Solidarietà Toscana e Cesvot , declinato soprattutto sugli aspetti dell’impegno sociale e l’etica nella politica. Il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero ha messo in risalto la poliedricità del personaggio, “irriducibile - per la sua ricchezza e creatività – ad una sola dimensione”. Peraltro La Pira fu fondatore e primo presidente provinciale delle Acli di Firenze dal gennaio 1945 al giugno del 1946. È una parte di storia che l’attuale vicepresidente Gabriele Parenti ha illuminato in una sua ricerca svolta in collaborazione con Jessica Trimarco. La Pira, durante quel periodo, pose al centro il lavoro perché, disse in una relazione, “strumento possente dell’espansione umana”. Per dargli il risalto dovuto nella nuova Italia che stava nascendo dalle macerie del fascismo della guerra occorreva operare una profonda revisione dell’ ordinamento. Nasce anche il mondo diviso in due blocchi. Su come La Pira ha navigato nella guerra fredda si sono appuntate una serie di riflessioni che hanno accompagnato in questi giorni il convegno Acli. Se si guarda alla sua azione con approccio storico, La Pira rigetta la separazione del pianeta individuando attraverso contatti personali tutte le possibili strade per farla tramontare. Comegià notato sulle colonne di questo giornale a proposito dell’epistolario con Roncalli, ‘Il sogno di un tempo nuovo’, curato da Andrea Riccardi e Augusto D’Angelo, La Pira avverte e trasmette a Giovanni XXIII la sua convinzione che l’anello più debole del colosso sovietico è la Polonia. Si fa foriero della necessità di coinvolgere nel confronto internazionale e culturale del Papato Islam ed Ebraismo, e di tenere conto della ricaduta che il confronto interreligioso può avere in Asia ed Africa. Utilizzando le categorie di un bel volume-intervista con Sergio Givone, uscito in questi giorni per Morcelliana, di fronte a scenari che avevano in sé o prefiguravano i destini del conflitto, possiamo dire che La Pira ha colto il ‘Bene di vivere’ come occasione per intervenire con gli strumenti che aveva a disposizione, con un impegno, per riprendere le parole dell’arcivescovo Giuseppe Betori (che giovedì prossimo, alle 18,30, nella chiesa di San Salvatore in Arcivescovado, celebrerà la messa annuale per i cattolici impegnati in politica), “vissuto alla luce della visione cristiana della storia e del mondo, radicato fortemente nel Vangelo”.
Data recensione: 10/04/2011
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Michele Brancale