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Anna Maria Cavalera non è digiuna di poesia anzi ha pasteggiato e amoreggia ancora con essa, e da lungo tempo. Dopo studi di Letteratura Italiana all’Università di Firenze non si è mai

Anna Maria Cavalera non è digiuna di poesia anzi ha pasteggiato e amoreggia ancora con essa, e da lungo tempo. Dopo studi di Letteratura Italiana all’Università di Firenze non si è mai allontanata da quella passione per il campo umanistico e i versi. Fin dal 1988 ha pubblicato le sue liriche in riviste letterarie di prestigio come “Pegaso” e “ Semicerchio – Rivista di poesia comparata” e nel 1995 appare al pubblico dei lettori la sua prima raccolta di poesie Il colore dell’aria, facendo seguire a distanza di cinque anni il libro Porto antico, edito presso l’editore Polistampa di Firenze. Con Amaranto, Anna Cavaliera propone una sistemazione complessiva di quelle che sono state finora le stagioni migliori della sua poesia. Diviso in sei quadri che raffigurano mondi dell’anima e del vissuto (Immagini, Ombre, Attimi, Luoghi, Figure, Bagliori), il linguaggio delle sue liriche ha il colore postungarettiano dell’ermetismo fiorentino. A dirla seguendo i dettami di un teorico e critico delle generazioni poetiche, Oreste Macrì, Cavalera potrebbe appartenere per nascita alla quinta generazione ma le sue pubblicazioni hanno vita nella contemporaneità. La sillabazione rigorosa e solitaria di scuola ermetica, si mescola a sfondi inediti di suoni, colori e immagini di una terra natale mai dimenticata: l’amato Salento. Un tocco di minimalismo di certa poesia di questi ultimi anni vira poi il pantone con cui si individuano le sfumature di questa autrice, disponibile ad un’espressione che si carica di non detto e in cui la verità è svelata solo nel paradosso. “L’assenza morde/ l’animo innamorato/ ma il dolore scompare/ se la scintilla che/ il cuore ha rapito/ continua a vibrare”. Avviluppato nella malinconia e nella disfatta, nell’attimo in cui la perdita è inesorabile, ecco che sempre la possibilità di riscatto esiste e la necessaria illusione di una via di fuga dal dolore si inserisce come contrasto. Un filo che non vuole essere spezzato, in cui “i ricordi sopravvivono” e “la parola è raccolta/ in piccole perle”. È una pervicace volontà di resistere e colorare il verso, di tentare una pur impossibile pronuncia quando la vita sembra voler restare incolore nella sua rassegnazione. Un pennello, quindi, si muove e d’amaranto lascia segni sul foglio.
Pubblicato: Martedì, 07 Febbraio 2006
Autore: Gabriele Ametrano
Punteggio: * * * * Link relativo: Polistampa editore
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Data recensione: 07/02/2006
Testata Giornalistica: Italialibri.org
Autore: Gabriele Ametrano