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Algeri, primi dell’Ottocento. Le guerre napoleoniche stanno infuriando da anni, ma qui tutto va avanti più o meno come sempre: quello che da secoli è il più temibile covo di pirati

Algeri, primi dell’Ottocento. Le guerre napoleoniche stanno infuriando da anni, ma qui tutto va avanti più o meno come sempre: quello che da secoli è il più temibile covo di pirati dell’intero Mediterraneo racchiude tra le sue mura ancora centinaia di schiavi.
Tra loro un giorno arriva anche un poeta toscano a cui il futuro sottrarrà una fama ai tempi ben più robusta. Si chiama Filippo Pananti, è nato in Mugello, ma presto si è messo a girare per il mondo seminando ovunque i suoi versi divertiti, impertinenti, a volte licenziosi. Per molti è il più grande epigrammista italiano.

La voglia di viaggiare lo ha tradito: catturato al largo delle coste sarde, si ritrova in catene davanti al signore di Algeri, schiavo tra gli schiavi.
È da qui che prende spunto Il poeta e i pirati, l’ultimo libro di Paolo Ciampi, giornalista fiorentino che dopo l’Odoardo Beccari de Gli occhi di Salgari (premio Castiglioncello 2004), si cimenta con un altro personaggio dimenticato nelle pieghe della storia. Stavolta siamo a metà tra la biografia narrata e il reportage che guarda a un passato che poi tanto passato non è, perchè non mancano richiami sorprendenti e persino inquieti con l’attualità.
Data recensione: 01/12/2005
Testata Giornalistica: Microstoria
Autore: ––