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Ma perché leggere Marinetti? Complice il centenario del Movimento Futurista (1909-2009), mi sono tornate a galla alcune questioni riguardanti la fotografia rimaste insolute fin dal tempo ormai lontano della lettura degli scritti di Marinetti

Domani, alle 17,30, a Leggere per non dimenticare, ciclo d’incontri a cura di Anna Benedetti, alla biblioteca delle Oblate (Comunale Centrale, via dell’ Oriuolo 26, via S. Egidio 21), Lucio Trizzino presenta ‘Refoli di fotografia futurista’ (Edizioni Polistampa 2011). Introducono Mario Graziano Parri e Jacopo Nesti
Ma perché leggere Marinetti? Complice il centenario del Movimento Futurista (1909-2009), mi sono tornate a galla alcune questioni riguardanti la fotografia rimaste insolute fin dal tempo ormai lontano della lettura degli scritti di Marinetti. Già allora Filippo Tommaso mi era rimasto poco simpatico: «distruggere i musei, le biblioteche», «glorificare la guerra – sola igiene del mondo –, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, il disprezzo della donna». Provocazioni o vere convinzioni che fossero, erano, e sono, idee di non facile digestione. Tuttavia, è sull’onda nera di quei modelli che Marinetti aveva dato vita al più vasto e durevole movimento di rinnovamento artistico del secolo scorso. Sottile senso di colpa: e allora rileggiamolo per capire meglio. Ma perché proprio lui quando, volendo portare la fotografia a dissetarsi alla fonte della letteratura, sono più illuminanti le tirate di Baudelaire contro la nuova non-arte (ma si fece fotografare da Nadar più volte) o anche le pagine dei Promessi sposi così ricche d’ispirazione per un infinito numero d’immagini? Risposta: per quel tardivo Manifesto della Fotografia Futurista (1930) che Marinetti scrisse con Guglielmo Sansoni a quasi vent’anni di distanza dalle sperimentazioni futuriste dei fratelli Bragaglia inventori del fotodinamismo, presentato con gran successo a Roma già nel 1912 dallo stesso Marinetti. Ed è del 1912 il ritratto di Marinetti eseguito dal celebre fotografo anglo-tedesco Emil Otto Hoppé, che per l’occasione rinuncia a fotografare “l’essere interiore” e realizza con vari fotomontaggi un’immagine complessa dove si vede in un angolino Marinetti, con sigaretta in bocca, sovrastato da figure, pampini e ombre di ogni tipo. A chi dunque la primogenitura del futurismo fotografico? Marinetti in fondo non era così ‘ardito’ come proclamava di essere e per tutto quel tempo era stato costretto a barcamenarsi tra i Bragaglia e il gruppo di pittori capitanato da Boccioni, che fin dal 1913 aveva dato la stura sulla rivista fiorentina Lacerba ad una irriducibile polemica contro il fotodinamismo. Nel ‘30 Marinetti, non più in bombetta ma calzata la feluca, poteva finalmente tagliare con lo spadino di Accademico d’Italia il nodo delle polemiche senza temere la perdita di proseliti per il secondo futurismo.
Data recensione: 24/02/2011
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Lucio Trizzino