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La storia, si sa, altro non è che un’operazione di riscrittura degli avvenimenti, quasi nella totalità dei casi affidata ai Vincitori, quelli con la v maiuscola.

Letteratura e Unità, ecco gli irregolari: da Gabriele D’Annunzio a Pier Paolo Pasolini a Giuseppe Brancale. Un convegno per ricordarli, lunedì
La storia, si sa, altro non è che un’operazione di riscrittura degli avvenimenti, quasi nella totalità dei casi affidata ai Vincitori, quelli con la v maiuscola. Naturale quindi che, parlando d’Unità d’Italia, i nomi più celebrati siano quelli di Garibaldi, eroe globale ante litteram con le proprie imprese nei Due Mondi, oppure del pragmatico Cavour, il tessitore politico dell’impresa.
Esiste però un’altra storia, che corre parallela alla cosiddetta “storiografia ufficiale”. E che a volte si intreccia a quest’ultima, donandole quel pizzico di umanità che rende veramente grande una narrazione. E proprio a questa storia è dedicato il convegno in programma al Consiglio Regionale della Toscana il prossimo lunedì (Palazzo Bastogi, inizio alle ore 17.30), quando professori ed ospiti di primissimo rilievo discuteranno dell’intreccio fra Letteratura ed Unità di Italia, ripercorrendo quelle strade meno battute sulle pagine dei giornali di queste settimane e dai libri di storia scolastici.
Gli autori celebrati? Da “mostri sacri” quali Gabriele D’Annunzio e Pier Paolo Pasolini, passando da Giuseppe Brancale e Sciascia. Nomi diversi fra loro, per latitudine, estrazione sociale e taglio narrativo. Ma con una caratteristica comune fondamentale: l’aver parlato dell’Unità di’Italia attraverso “un percorso irregolare”, per citare il sottotitolo del Convegno stesso. L’occasione è fornita dall’uscita del libro postumo di Giuseppe Brancale, Fantasmi che tornano. Scrittore lucano, amico fraterno di quel Carlo Levi che della Basilicata ha lasciato un affresco immortale come Cristo si è fermato ad Eboli. Nella narrazione degli eventi che portarono all’unificazione della penisola riuscì a dare voce alle popolazioni della propria regione, facendo emergere quel mix di sensazioni fra diffidenza e speranza che accompagnarono l’avanzare delle camice rosse. Da una parte il sospetto inevitabile di fronte a quelle truppe giunte dalle remote zone del nord, portatrici di novità, ma pure di instabilità. Dall’altra la speranza di una nuova vita, spesso alimentata dagli ideali di cui le truppe garibaldine si facevano portatrici. Emerge quindi un quadro molto più complesso rispetto alle epopee che in queste settimane (anche giustamente) stanno riempiendo le pagine dei giornali. Un insieme di elementi contrastanti fra identità nazionale e localismo che, ridonando multidimensionalità al corso degli eventi, appartengono senza se e senza ma alla storia e al dna del paese. D’altra parte, come non sottoscrivere le parole del curatore del convegno Luca Nannipieri: «Si può fare i conti con l’Unità d’Italia senza ridursi a inutile e spenta celebrazione? Si può fare».
Quale miglior strategia allora, se non quella di affidarsi alle parole degli «irregolari» della letteratura italiana? Autori che nel Novecento italiano si sono spesso posti fuori dalle linee canoniche percorse. Da qua la scelta di recuperare la ricchezza di Gabriele D’Annunzio, quel mix di idealismo ed esaltazione che animò la Carta di Carnaro, costituzione della effimera reggenza della città di Fiume della quale si proclamava l’italianità irrinunciabile. E parallelamente, come dimenticare Pier Paolo Pasolini, la cui grandezza è racchiusa soprattutto nel suo saper dare voce agli esclusi della società e della Storia? A tutti coloro che non trovano spazio nei libri scolastici e che ora vedono riconosciuta la propria centralità in un percorso arrischiato per «onorare l’Unità d’Italia, interrogandola». Perché le celebrazioni siano di tutti, anche dei cosiddetti «irregolari».
Data recensione: 18/02/2011
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Andrea Filetti