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La Galleria d’Arte Moderna di palazzo Pitti a Firenze torna ad accogliere, in un ideale abbraccio, un artista toscano protagonista della pittura della seconda metà del Novecento, figlio dell’Istituto di Porta Romana che in quegli anni era la scuola d’arte

La Galleria d’Arte Moderna di palazzo Pitti a Firenze torna ad accogliere, in un ideale abbraccio, un artista toscano protagonista della pittura della seconda metà del Novecento, figlio dell’Istituto di Porta Romana che in quegli anni era la scuola d’arte più importante d’Italia.
La rassegna ci presenta la figura di Enzo Faraoni, pittore ed incisore nato nel 1920 e cresciuto fra Montelupo e Carmignano, da dove, con il treno, lui figlio di ferroviere, veniva a Firenze per la sua formazione artistica.
Questa mostra dal titolo Natura e verità nella pittura di Enzo Faraoni arriva in occasione dei novant’anni dell’artista toscano ed è curata da Mirella Branca che ci dà una retrospettiva antologica attraverso sessantaquattro dipinti e dodici disegni, per ripercorrere le varie fasi della sua arte, a cominciare dalle opere giovanili, passando per le sue pitture premiate da alti riconoscimenti, fino al 2004, anno in cui una grave malattia agli occhi ha interrotto la sua attività.
La mostra è stata divisa in sezioni per meglio comprendere questo lungo e complesso svolgersi della sua attività artistica, cominciando naturalmente con il periodo della sua formazione all’Istituto d’Arte di Porta Romana e alle frequentazioni del gruppo di letterati ed artisti che negli anni Quaranta del Novecento si incontravano al Caffè Giubbe Rosse o al bar di Via della Vigna, fra i quali Ottone Rosai, conosciuto nel 1938 e del quale diventa assistente proprio nell’anno accademico 1942-’43 all’Istituto d’Arte di Porta Romana.
I dipinti degli anni Cinquanta sono quelli del periodo in cui Faraoni ha partecipato alla Biennale di Venezia e alla Mostra Nazionale Premio del Fiorino, oltre all’incontro con Dianora Marandino, artista del campo tessile e della moda, presentatagli da Parronchi, e che sposerà nel 1953. La maturazione della sua arte si esprime con una ricerca drammatica, che lo conduce ad una tavolozza schiarita con forti memorie della pittura di Cèzanne, ma anche di Bonnard. Una strada che culmina con il primo premio per il dipinto Ragazza addormentata, vinto nel 1961, ed esposto in questa mostra per la prima volta, dalle collezioni della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti.
Non potevano mancare poi i temi più amati, fra i quali le nature morte, con insistite indagini sulla pianta di sassifraga, dalle larghe foglie verde intenso, o sulle orizzontali distese di oggetti casualmente lasciati su di un tavolo dello studio, con la forma che si frastaglia e ogni tanto si accende di guizzi cromatici che si staccano da una tavolozza quasi uniforme; e poi le figure di donne, raccontate attraverso ritratti che sembrano ricondurci alla Firenze di Vasco Pratolini.
Anche l’autoritratto ha una sezione particolare, nel quale questo tema, centrale sin dagli anni di Porta Romana, lo ha portato ad indagarsi a fondo, denotando una piena percezione di sé non solo per il volto ma anche per il suo corpo, che più volte torna a ripresentare. Una “confessione al cavalletto” come è stato scritto, che dagli anni Ottanta diventa sempre più forte e sincera.
La parte dedicata alla grafica è composta da dodici disegni che fanno parte di un nucleo di 73, donato dall’artista al gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Proprio l’arte grafica di Faraoni sarà protagonista di una mostra nelle sale dell’Accademia delle Arti del Disegno in piazza San Marco, prevista per il prossimo mese di Marzo. Il pittore ha poi anche generosamente donato bozzetti e abiti di Dianora Marandino, sua consorte, scomparsa nel 2003, alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti, dove, in parallelo con queste esposizioni, sarà allestita una mostra dedicata alla artista. La mostra è corredata da un video con intervista al pittore e di un agile catalogo, dove il direttore della Galleria degli Uffizi Antonio Natali ci regala alcune pagine sugli autoritratti del pittore, e che accompagna l’esauriente saggio della curatrice Mirella Branca, la quale ha scelto di affiancare ad alcuni dipinti in mostra delle citazioni di critici che hanno espresso il loro amore per l’arte di Enzo Faraoni; come questa, scritta nel 1971 da Romano Bilenchi e che riassume la poetica artistica del pittore: “Egli vive in un sogno malinconico, con gli oggetti, e le persone che dipinge: ragazze, giaggioli, ciclamini, sassifere, agli, zucche. Di volta in volta la scelta avviene per un filone di simpatia, le sassifere, che hanno in sé una forza che supera le stagioni, ora verso gli agli per cogliere il senso della fragilità della bellezza fugace che tra breve non ci sarà più”.
Data recensione: 10/02/2011
Testata Giornalistica: Arte e Arti
Autore: Elisabetta Morici