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«Artiste di capriccioso e destrissimo ingegno», le definì Vasari; sono loro le protagoniste di «Autoritratte», fino al 30 gennaio alle Reali Poste della Galleria degli Uffizi. Ottanta autoritratti tutti a firma femminile, dal Cinquecento alla contemporane

«Artiste di capriccioso e destrissimo ingegno», le definì Vasari; sono loro le protagoniste di «Autoritratte», fino al 30 gennaio alle Reali Poste della Galleria degli Uffizi. Ottanta autoritratti tutti a firma femminile, dal Cinquecento alla contemporaneità, dalla collezione di autoritratti della Galleria, ricchissima e in minima parte esposta, per l’ormai consueto appuntamento natalizio coi “Mai visti” (mostre ad ingresso gratuito per inedite pause di cultura e poesia). Vittime di un pregiudizio critico che solo il Novecento ha cominciato a smantellare, artiste donne, non donne artiste, come da facile etichetta, dimostrano una volta di più che è impossibile individuare una sorta di filone «femminile», di «arte in rosa». O meglio, lo si può individuare forse proprio nei soggetti trattati.
In secoli in cui gli spazi di libertà erano asfittici, la donna artista era spesso piegata a rappresentazioni di carattere minore. O a farsi l’autoritratto, quale modello più accessibile (nel Cinquecento lo testimoniano le parole di Lavina Fontana, che pure era artista affermata).
Ciononostante, l’unica maggioranza discriminata, anche in secoli ostici, ha conosciuto figure che perseguirono la propria vocazione e divennero celebri. Un’eccezione è Artemisia Gentileschi, donna anticonformista (dipingeva forti soggetti biblici, prerogativa maschile), che in virtù della propria vicenda biografica e del romanzo di Anna Banti (con successive trasposizioni cinematografiche), offusca attualmente la notorietà del padre Orazio, sommo pittore. Si deve a recenti esposizioni dedicate ad artiste quali le sorelle Anguissola o Lavinia Fontana un’accelerazione delle indagini sulla creatività dell’altra metà del cielo. Troppe personalità sono affogate nella storia, forse per sempre, tanto deve ancora emergere. Così la mostra fiorentina espone tre artiste del Seicento che cercano ancora un’identità. Mentre, proprio grazie alle ricerche propedeutiche alla mostra, la curatrice Giovanna Giusti ha potuto identificare quell’autoritratto di Maria Hadfield Cosway, documentato agli Uffizi dal 1853, proveniente dall’ Accedemia di belle arti e finito in fretta fra i ritratti di ignote. La Hadfield (nata a Firenze nel 1760), fu eletta accademica ad appena diciotto anni. Moglie di Richard Cosway, «primarius pictor» del principe del Galles, lascerà alla Galleria due medaglie, con il ritratto suo e del marito, ora al Bargello, e una preziosa scatola in pietre dure proveniente dall’Elettore di Sassonia Federigo Augusto III, conservata al Museo degli Argenti. A fianco dell’autoritratto, restaurato per l’occasione, il tutto è esposto in mostra, insieme ad alcuni schizzi che le ha fatto il consorte.
Da Properzia de’ Rossi, scultrice bolognese che Vasari, unica rappresentante del gentil sesso (di cui sottolinea il bellissimo corpo), annovera nelle «Vite», a Vanessa Beecroft, scorrono in ordine cronologico sei secoli di storia, delle arti e delle mutazioni sociali. Per scoprire personalità come Marieta Tintoretta, dotatissima figlia di Jacopo, a cui il padre, che l’adorava di un amore possessivo, troncherà una fulgida carriera internazionale per darla in moglie a un argentiere, non meno possessivo. E che si ritrae in veste di cantatrice, raffigurando l’originale dell’ormai frammentato primo libro dei madrigali di Philippe Verdelot nell’edizione veneziana del 1533. Ci sono celebrità come Rosalba Carriera, o Angelica Kauffmann, che nel 1768 fu fra i fondatori della Royal Academy a Londra. O autoritratti famosissimi, come quello di Elisabeth Lousie Vigée-Lebrun.
Nel complesso, su oltre millesettecento, solo il sette per cento degli autoritratti degli Uffizi reca una firma femminile. La percentuale non migliora a seguito delle principali acquisizioni degli ultimi anni. Così, in occasione della mostra, la Giusti ha invitato artiste di calibro internazionale a donare il proprio autoritratto. Hanno risposto in venti, tutte in mostra, nomi quali Carla Accardi, Giosetta Fioroni, Niki De Saint Phalle, Francesca Woodmann, Ketty La Rocca, la Beecroft appunto, Yayoi Kusama o Patti Smith. «Quasi una parziale riparazione», nota la Giusti.
Data recensione: 22/12/2010
Testata Giornalistica: Il Sole 24 Ore Online
Autore: Valeria Ronzani