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Col nome di Autoritratte, un nome che è già una dichiarazione d’intenti, s’inaugura il 17 dicembre la decima edizione del ciclo i “Mai visti”, la mostra che tutti gli anni per Natale gli Amici degli Uffizi

Da Tintoretta a Beecroft: autoritratti di donne, dal ‘500 a oggi
Col nome di Autoritratte, un nome che è già una dichiarazione d’intenti, s’inaugura il 17 dicembre la decima edizione del ciclo i “Mai visti”, la mostra che tutti gli anni per Natale gli Amici degli Uffizi regalano alla città mostrando al pubblico capolavori normalmente non esposti della ricca collezione della Galleria.
Curata da Giovanna Giusti la mostra di quest’anno sarà tutta declinata al femminile, con una particolarità però: non si tratta semplicemente di dipinti di donne, ma, ed è questo il tratto più convincente dell’operazione, di autoritratti di donne, quegli stessi che contribuiscono, anche se solo in minima parte ad arricchire ogni anno con nuove donazioni la collezione del Corridoio Vasariano. 
A vederle tutte in fila, saranno 80 quelle esposte dal 17 dicembre al 30 gennaio alla Sala  delle Reali Poste della Galleria degli Uffizi, non solo si ha l’impressione di vedersi passare davanti l’evoluzione del linguaggio artistico – dal Rinascimento ai nostri giorni – ma anche il cambiamento del ruolo della donna nella società e la consapevolezza che essa, pian piano, va assumendo di sé nell’auto rappresentazione. Proprio così perché alcuni di questi autoritratti che nei secoli cambiano grammatica e modalità espressiva hanno la valenza quasi di autobiografie, pieni come sono di allusioni all’indole più personale della stessa loro autrice che è pure soggetto dell’opera.
Tre livelli di lettura dunque, iconografico, sociale e intimo per un viaggio nell’arte al femminile che si arricchisce anche di entrate recentissime come l’autoritratto recentissimo di Vanessa Beecroft – una foto in cui l’artista genovese sembra allattare due neonati di colore – o quello di Patti Smith e di Esther Ferrer e Francesca Woodman.
Un viaggio però che parte molto più in là nel tempo e che ci regala dei piccoli e troppo spesso misconosciuti capolavori. Tra questi spiccano l’autoritratto di Maretta Robusti, la Tintoretta, figlia del Tintoretto che si rappresenta con in mano uno spartito a significare le sue frequentazioni con la musica e quello di recentissima attribuzione, grazie al lavoro della stessa curatrice della mostra, di Maria Cosway, giovane figlia – nata a Firenze – di una coppia di anglosassoni che a fine ‘700 aprivano un albergo in Santo Spirito per accogliere gli inglesi che venivano qui nell’ambito del loro Grand Tour.
La carrellata di esempi potrebbe continuare ancora a lungo: bello, bellissimo, per citarne ancora un altro, il dono «di sé» che fece, nel 1790, all’allora direttore degli Uffizi Pelli Bencivenni, Elisabeth Vigée Le Brun, ritraendosi in un dipinto dove è notevolissimo l’uso della luce: da notare la mano della pittrice che si riflette sulla tela che lei stessa sembra dipingere , oltre al sorriso grazioso e alle labbra sensuali. Analogo lavoro con la luce quello della danese Thérese Schwarze Van Duyl che si rappresenta con la mano alzata come a riparare gli occhi. Più avanti nel tempo – siamo a già in pieno ‘900 – ecco il gioco cromatico e festoso dell’opera di Adriana Pincherle, o lo struggente autoritratto di Carol Rama, geniale artista torinese(Leone d’oro alla carriera nel 2003), grande amica di grandi come Italo Calvino, Edoardo Sanguineti e soprattutto Man Ray, che in verità ha sempre costellatola sua arte di frammenti di vita soprattutto riferiti all’infanzia (celebri le opere con camere d’aria che ricordavano alla pittrice l’azienda di biciclette del padre e che anni fa sono andate in mostra  alla Fondazione Sandretto a Torino).
Infine, ma si potrebbe continuare tante volte quante sono i quadriche vedremo in mostra, l’autoritratto della svizzera Merret Oppenheim una litografia in cui lei mostra un volto che sembra tatuato ed esalta  le imperfezioni di una pelle non più giovanissima, o quello della sua spagnola Esther Ferrer in cui la donna sembra vomitare euro in monete. In tempi di revisionismo in materia di moneta unica sembra una sorta di monito alla società della finanza facile e ancora più facilmente soggetta a bolle di cui tutti in questi giorni patiamo le conseguenze.
Data recensione: 02/12/2010
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Chiara Dino