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Interrotti gli studi a quindici anni, fu meccanico, renaiolo nel torrente Versilia, bracciante agricolo nella pianura padana, informatore scientifico per ditte farmaceutiche, soprattutto scrittore, gli occhi addosso della critica e degli editori per le sue qualità. Sirio Giannini, nato a Corvaia di Seravezza (provincia di Lucca) il 28 marzo 1925, non aveva neanche trentacinque anni quando fu costretto a un intervento chirurgico al cuore, in una clinica fiorentina. Intervento necessario. Ma che non ebbe il risultato sperato. Giannini non ce la fece. Era il 26 gennaio 1960.
Fu un duro colpo per tutti. Alla repubblica delle lettere venne a mancare un talento. Che, a cinquant’anni dalla morte, Polistampa toglie dall’oblio. Primo titolo, nella «Serie rossa», Prati di fieno, racconti ispirati alla vita dei campi, editi per la prima volta nel 1953 da Mondadori. L’altro titolo, I racconti, che videro la luce soltanto nel 1971, in un’edizione limitata, a cura della Biblioteca comunale di Seravezza.
Affamato di cultura, lettore accanito, Giannini riesce a non distogliere lo sguardo dalla realtà. D’altra parte non potrebbe essere altrimenti: ha scelto lavori duri e vede e sente quel che costa a suo padre Gino l’impegno di addetto al trasporto a valle dei marmi dalle cave delle Apuane e, agli amici di Seravezza, fare i cavatori.
Ha vent’anni quando comincia a mettere sulla carta quel che gli ispira la vita. Non è contento, però, fino a quando - siamo nel 1949 - manda il racconto Binario morto alla rivista «Sodalizio», che si stampa a Bologna, e si vede assegnare il secondo premio. Due anni dopo, partecipa al premio “Lavoratori apuani”, di Marina di Massa, e lo vince. Questi successi lo spronano. Scrive continuamente. Il neorealismo lo affascina. Non manca una pellicola (il cinema è l’altra sua grande passione). Stravede per Cesare Zavattini. Arriva a cercarlo. E tra loro nascono stima e amicizia.
Sia pure con qualche titubanza sottopone i suoi racconti al giudizio di un editore importante come Mondadori. E, con sua grande sorpresa e gioia, se li vede pubblicare sotto il titolo Prati di fieno. , che gli vale il prestigioso “Premio Firenze”, cui segue il successo al “Premio Hemingway” con il romanzo La valle bianca, anch’esso edito da Mondadori. Palcoscenico le Apuane e protagonista il lavoro, duro e pericoloso, dei cavatori. È il 1958.
Quando Giannini è in ospedale, ha un pensiero fisso: la risposta di Mondadori. Gli ha inviato il suo secondo romanzo, Dove nasce il fiume che, però, rimane inedito. Verrà pubblicato nel 1971 da Massimiliano Boni e nel 1993 da Vallecchi.
Nel carnet di Giannini c’è una parte da non dimenticare, riservata al cinema: soggetti e sceneggiature per documentari. Il passo ridotto I cavatori, ispirato a una poesia di Lorenzo Tarabella (poeta-cavatore), da lui sceneggiato e diretto, fu premiato nel concorso nazionale di Montecatini Terme. Giannini era morto da un anno.
Data recensione: 17/11/2010
Testata Giornalistica: Nuovo Corriere
Autore: Riccardo Cardellicchio