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Tutto sarebbe cominciato con i Fedeli d’Amore: la misteriosa confraternita, che «molti e convergenti indizi

Tutto sarebbe cominciato con i Fedeli d’Amore: la misteriosa confraternita, che «molti e convergenti indizi farebbero ritenere erede dei Cavalieri Templari» di cui avrebbero fatto parte anche Dante e Petrarca. Nel suo nuovo libro Beatrice e Monnalisa Renzo Manetti torna sui temi già affrontati nel precedente Le Madonne del parto per dimostrare che questa confraternita sarebbe realmente esistita e che proprio sulla dottrina dei Fedeli d’Amore sarebbe stata costruita buona parte del rinascimento italiano. Da Marsilio Ficino a Pico della Mirandola a Sandro Botticelli, che «per loro stessa ammissione avrebbero utilizzato simboli analoghi a quelli di Dante, Petrarca e Boccaccio».
Manetti, seguendo il percorso dei Fedeli d’Amore, propone poiuna serie di nuove e (per lui) «sorprendenti» interpretazioni. E se è vero che già in passato altri hanno ritenuto che Beatrice non avesse niente a che vedere con la figlia di Folco Portinari (nè Gioconda con Lisa Gherardini nè Laura del Petrarca con una dama di Avignone), stavolta punta più in alto: per «dimostrare che il riferimento a donne in carne e ossa fu solo una copertura a posteriori, in quanto tutte individuano una medesima entità spirituale, una potenza intelligente e silenziosa che accompagna l’esistenza di ciascuno di noi e che racchiude in sé il segreto della vita e della morte». Uno «spirito guida personale» legato, appunto, alla tradizione dei Fedeli d’Amore.
Alla sua Monna Lisa, Leonardo avrebbe dunque attribuito i propri lineamenti, ma in quanto omosessuale. Piuttosto legandosi all’idea dello «spirito guida». Un’idea che, per Manetti, «rappresenta il cuore del catarismo che nel suo rito più importante, detto consolament, celebrava proprio l’unione fra la persona e l’alter ego celeste». Leonardo e Monna Lisa hanno così lo stesso volto perché essa è il suo alter ego, così come Dante si riflette nella luminosità di Beatrice e Petrarca nella solarità di Laura. «La visione del propriospirito personale – assicura Manetti – avrebbeaiutato l’artista a ricevere l’ispirazione allo stesso modo in cui, seguendo l’insegnamentoficiniano, La Primavera di Botticelli era destinata a captare l’energia dello spirito universale».
La soppressione violenta dell’Ordine non avrebbe impedito ai tempalri di tramandare in segreto «l’eredità e la credenzanellaguida silenziosadi cui i cavalieri rossocrociati sarebbero stati, con i catari, uno dei tramitifra l’Oriente e l’Occidente». Ma secondo Mattei c’èdi più: la data della morte di Beatrice non sarebbe quel 1290 che si è sempre congetturato ma bensì il 1309 ovvero l’inizio (in Italia) dell’inquisizione che avrebbecostrettole confraternite laiche dei Templaria un temporaneo scioglimento. Nel libro di Manetti, poi, c’è anche spazioper una stoccata a Dan Brown: «Non voglio a che vedere niente con il Codice da Vinci. Autoricome Dan Brownstanno compiendo sul Graal il più grande dei sacrilegi possibili».

Renzo Manetti «Beatrice e Monalisa», Edizioni Polistampa (FI), pag. 192, euro 14.
Data recensione: 30/11/2005
Testata Giornalistica: Il Corriere della Sera
Autore: Stefano Bucci