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Se i passi separano l’origine pugliese dalla terra fiorentina, la poesia ne ripercorre il tragitto, ne ritrova i ricordi. Anna Maria Cavalera è convinta che la poesia sia trasporto: dell’anima e del pensiero, verso i reconditi anfratti che la quotidianità

Se i passi separano l’origine pugliese dalla terra fiorentina, la poesia ne ripercorre il tragitto, ne ritrova i ricordi. Anna Maria Cavalera è convinta che la poesia sia trasporto: dell’anima e del pensiero, verso i reconditi anfratti che la quotidianità cela agli occhi. Mimosa è la sua nuova silloge pubblicata per la casa editrice Polistampa, la quarta dagli esordi poetici del volume Porto Antico e le pubblicazioni sparse in riviste di settore. E se il verso trova una genuina semplicità d’espressione, in questa raccolta, la penna scava cercando d’individuare immagini perdute, affetti lontani e visi fuggiti.
«Mi piace la notte / perché con le sue ombre induce / al raccoglimento» e nel pensiero trova rifugio la memoria, la stessa che dedica la raccolta «a mia madre e a mio padre». Oggetti di questo comporre sono le presenze di una vita: Luigi Baldacci «volato via leggero» dopo aver scandito il suo messaggio; Manuela, centralinista di italianistica, con «i suoi occhi preziosi», spenti da un chirurgo incompetente, o Mirella, che in un inverno «se ne andò / silenziosamente / come era vissuta». Sguardi e voci che intonano il canto dei ricordi di chi è ora fermo nell’ombra. Ma il fluido ricordare non si ferma ai cari, riflette e rimbalza sulle cose, su bellezze architettoniche e le atmosfere che dalle maree salentine risalgono a Firenze, alla Chiesa Orsanmichele e il suo «fascino discreto / dei chiaroscuri che / ispirano la preghiera», o la cristallina sensazione del sole in Piazza Santissima Annunziata.
Mimosa è una mappa, una cartina di sensazioni e sentimenti perduti che oggi ritrovati non pretendono di collocarsi in una logica posizione, se non quella di appartenere ad una vita. Cavalera dipinge senza tela, senza la volontà di ricostruire un paesaggio preciso ma seguendo il flusso di un pennello mnemonico lasciato libero sullo spazio bianco. «L’immagine continua / il tempo si ferma»: con questi versi chiude la silloge Cavalera, come a svelare il segreto del componimento. Fermi sul ciglio degli anni, quando l’orologio muove lentamente le sue lancette, il pensiero fugge a ritroso verso le sbiadite mancanze , quelle serene convivenze con cui l’uomo ha composto il proprio percorso. Mimosa ricompone quell’orizzonte, custodendo nel verso il prezioso significato del vivere.
Data recensione: 13/08/2010
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Gabriele Ametrano