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Nella collana di studi su Rufina e frazioni trova posto questo libro di memorie che ha per autore Silvano Stagi, sindaco del secondo dopoguerra, garbato custode e agile divulgatore di mille fatterelli di cronaca successi nel suo paese posto lungo la riva sinistra della Sieve. La Rufina racconta in queste pagine ovviamente non c’è più, trasformata nell’impianto urbanistico e abitata da gente di recente immigrazione (“gli stranieri”), per questo il libro ci è sembrato particolarmente importante nella volontà di recuperare e riproporre alle giovani generazioni nomi e volti che hanno fatto la storia di quei luoghi. Certamente l’Autore ha potuto trarre molte notizie, oltre che dalle voci e dalle chiacchiere di paese, dalla posizione singolare e privilegiata di capo dell’amministrazione locale per circa 15 anni, si che molti episodi rivelano un suo diretto coinvolgimento: la contrapposizione fra comunisti e democristiani ma anche la capacità del giovane sindaco di saper mediare tra opposti fanatismi,le attività per favorire la ripresa economica grazie anche al calzaturificio l’impegno per la costruzione della casa del popolo e per la riuscita delle manifestazioni di partito, la ricerca di un’intesa con i preti (esemplare la vicenda della scuola retta dalle suore) fra i quali emerge la figura di don Fabbri (che minaccia un lungo “chiodo” allo Stagi ragazzo alla vigilia della Cresima).
Ma ora tutte le vicende narrate nel libro, comprese quelle del “ventennio”, sono come stemperate dalla lontananza nel tempo e riportate a livello del puro gusto di raccontare, anche se i brevi corsivi dell’A., qua e là, vorrebbero sollecitare nel lettore di oggi interrogativi di vario tipo (anche morali). Fra gli aspetti più curiosi segnaliamo l’infima varietà dei soprannomi – Schicchero, Tredicino, i’Cia, Fecce, Veccia, Dreolino, Bracino, Ficio, Ghindo e Bùghere, Foffo, Semìno, ecc. – e la vasta aneddotica legata alle varie feste dell’uva, ai diversi artigiani del paese alle prese con mestieri ormai quasi tutti scomparsi, alla banda, ai primi innamoramenti, agli scherzi...
Una perla: il racconto del ciuco di Gnagnere, che secondo noi potrebbe stare benissimo in una qualsiasi antologia di novelle. Ma vogliamo ricordare anche la “storiella” legata alla poco utilità del “piano Fanfani” nel secondo dopoguerra. Nella vulgata popolare quei cantieri di lavoro, ideati per dare un modesto contributo ai numerosi disoccupati, erano il ricettacolo anche di tanti che, come il Subissi, di lavorare non è che avessero tanta voglia...Ecco la breve barzelletta che riprendiamo da p.61: «Un operaio, mentre con altri stava riassettando una strada, era rimasto senza la pala. Si lamentava. Un altro gli disse: “Che ti lamenti a fare? Stai senza far niente”! “Già”, rispose quello senza pala, “e dove mi appoggio?”».
Annotiamo infine che il libro è preceduto dall’affettuosa presentazione di Tiziana Baglioni e concluso da una breve appendice fotografica.
Data recensione: 01/07/2010
Testata Giornalistica: Corrispondenza
Autore: Silvano Sassolini