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Daniele Fioretti cura ed introduce esemplarmente un epistolario che si pone da subito, soprattutto per il valore dei suoi contenuti inediti, come uno dei testi fondamentali nell’esplorazione dell’opera volponiana. Un corpus di 81 missive, fra lettere e ca

Daniele Fioretti cura ed introduce esemplarmente un epistolario che si pone da subito, soprattutto per il valore dei suoi contenuti inediti, come uno dei testi fondamentali nell’esplorazione dell’opera volponiana. Un corpus di 81 missive, fra lettere e cartoline, inviate da Volponi a Pasolini fra il 1954 ed il 1975; una relazione epistolare che inizia subito dopo l’incontro avvenuto in occasione della vittoria ex aequo del Premio Nazionale di Poesia Giosuè Carducci, e che termina bruscamente con la morte di Pasolini. Sicuramente in primo piano, emerge limpido da questo carteggio il ruolo di Pasolini come figura sia di maestro che di fraterno sodale, ma allo stesso tempo si delinea in una parabola ascendente l’indipendenza intellettuale di Volponi, la quale interseca il punto di distanza massima dalla poetica e dalla retorica pasoliniane nelle lettere spedite tra il 1970 e il 1972, gli anni in cui Volponi rifiuta la carica di amministratore e lascia l’Olivetti, inizia a collaborare con la Fiat e completa la stesura del romanzo Corporale (romanzo “incompreso” e stroncato da Pasolini). Nonostante questo, l’intima vicinanza tra i due intellettuali non è soggetta alla minima variazione, e si mantiene fraterna ed intatta attraverso l’intero epistolario; ne da conferma nell’introduzione anche il curatore che, autografi alla mano, nota come non solo il tono, ma la grafia stessa o la carta su cui le missive sono vergate (che è semplicemente quella che Volponi trovava sottomano al momento della scrittura) testimoniano l’assenza di qualsiasi cerimoniosità, sostituita invece da una naturale familiarità con il destinatario. Di tale intima vicinanza sono esemplare testimonianza specialmente due lettere: la prima è quella del 24 giugno ’64, in cui Volponi ribadisce le ragioni per cui qualche giorno prima aveva “eroicamente” preso le difese di Poesia in forma di rosa contro gli attacchi di Fortini; la seconda è la tenerissima risposta di Volponi (26 agosto ’71) alla lettera in cui Pasolini sfogava il lacerante e annichilente dolore per l’abbandono di Ninetto Davoli. Si tratta, fra i numerosi altri presenti in tutto il corpus, di due documenti che permettono di decifrare chiaramente la profondità sia del rapporto intellettuale che di quello umano, e di come questi due aspetti non siano separati, bensì tenacemente legati in un’unica, intima amicizia. Un altro pregio di questi documenti è la presenza di stesure dattiloscritte di alcune poesie, confluite poi in Le porte dell’Appennino (Milano: Feltrinelli, 1960), e delle pagine conclusive del primo romanzo volponiano: Memoriale (Milano: Garzanti, 1962). Daniele Fioretti ha felicemente approntato, a partire da questo materiale, un apparato critico delle varianti che chiude il volume e che ne sancisce il valore di importante strumento di lavoro per chi, come il sottoscritto, ha dedicato (e sta ancora dedicando) ampia parte della propria ricerca all’opera di Paolo Volponi. Resta da auspicare ora un’edizione altrettanto completa delle lettere di Pasolini a Volponi, la quale integrandosi a questa, aiuti a decifrare con sempre maggior chiarezza il rapporto intercorso tra due dei più decisivi intellettuali della seconda metà del Novecento.
Data recensione: 01/05/2009
Testata Giornalistica: TriceVersa
Autore: Matteo Gilebbi