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Non è detto che Goethe capisse molto di musica: lo dimostra non solo la soddisfazione rispetto a composizioni obiettivamente mediocri ispirate dalle sue opere, ma anche la poca stima che avrebbe riservato, in età senile, al povero Schubert che invocava un

Non è detto che Goethe capisse molto di musica: lo dimostra non solo la soddisfazione rispetto a composizioni obiettivamente mediocri ispirate dalle sue opere, ma anche la poca stima che avrebbe riservato, in età senile, al povero Schubert che invocava un po’ di attenzione. Ma lo dimostra soprattutto lo scarso entusiasmo con cui accolse il talento rivoluzionario Beethoven (molto superiore, secondo Nietzsche, a quello letterario di Goethe). Del resto, per lui la musica valeva soprattutto come orpello della poesia. Fatto sta che Bettina non smise di affannarsi perché i due si incontrassero. E alla fine, nonostante una frattura tra la «bimba» e il suo Maestro, il miracolo avvenne in uno scenario imprevisto. Sulle montagne della Boemia, nella località termale di Teplitz, dove Goethe alloggiava presso la corte della giovane imperatrice Maria Ludovica d’Austria, e dove Beethoven avrebbe potuto curare i suoi malanni al fegato e la sua sordità.
Il 19 luglio, dopo il primo incontro, Goethe scrisse alla moglie Christiane: «Non ho mai visto un artista più concentrato, più energico, più profondo. Capisco benissimo che di fronte al mondo possa apparire bizzarro». Frasi sibilline quanto basta. Di che cosa abbiano parlato il poeta e il musicista nelle passeggiate di quel giorno e dei giorni successivi non è dato sapere. Un gioielliere viennese – ricorda Piero Buscaroli nella sua monumentale biografia di Beethoven  – , raccontò di aver orecchiato uno spezzone di discorso tra i due (che necessariamente parlavano ad alta voce). Al poeta che sbuffava per il fastidio dei saluti e dei continui omaggi dei passanti, il musicista rispose beffardamente: «Non se la prenda Eccellenza, forse sono per me». Il Poeta fu sicuramente colpito dall’uomo e non capì l’artista. Nel suo diario annotò senza commenti gli incontri. Solo a proposito dell’ultimo, il 23 luglio, aggiunse: «Er spielte köstlich» (ha suonato meravigliosamente).
Bettina, con la sua fantasia, avrebbe poi riferito che Goethe era arrivato alle lacrime sentendo suonare Beethoven, il quale reagì tra delusione e risentimento, considerando in genere la commozione degli ascoltatori come un segno di poca stima (lo precisa Graziano Bianchi nel suo Beethoven e Goethe, Polistampa 2002). Il 2 settembre, rievocando le passeggiate di Teplitz, Goethe scriverà a un amico: «Il suo talento mi ha stupefatto (…) purtroppo una personalità sfrenata che non ha torto a trovare il mondo detestabile, ma in tal modo non lo rende più gradevole, né a sé, né agli altri». Viceversa, dall’incontro con Goethe, Beethoven perderà non la devozione per l’artista ma di certo l’ammirazione per l’uomo. Qualcosa di sgradevole deve essere accaduto. Forse è tutto contenuto in una lettera a un amico del 9 agosto, dove Ludwig formula un rimprovero esplicito: «A Göthe (sic!) piace l’aria di corte molto più di quanto si addica a un poeta». Beethoven rimase probabilmente deluso dall’eccessiva deferenza dell’amato Goethe di fronte agli uomini di corte: pare che durante una passeggiata in cui i due incontrarono l’imperatrice, il poeta si fosse esibito in molteplici inchini e scappellamenti. Al che Beethoven andò a confondersi nella folla lanciando battute ironiche contro il suo mito. Da allora tra i due calò il gelo. Rotto nel ‘22, quando il compositore fece inviare al vecchio poeta una sua musica scritta su una serie di Lieder goethiani. Senza ottenere risposta: forse per il fastidio che l’opera fosse stata usata senza richiesta di consenso? Può essere. Ancora nel febbraio 1823 Beethoven dimostrò che «l’ ammirazione, l’amore, l’altissima stima» per il Poeta erano intatti. Tornò a farsi vivo per fargli una «richiesta quasi patetica»: interessare il Granduca di Weimar perché sottoscrivesse la sua Grande Messa. Niente da fare. L’Olimpico rimase olimpicamente inaccessibile.
Data recensione: 22/07/2010
Testata Giornalistica: Corriere della Sera
Autore: Paolo Di Stefano