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Più di cento opere riprodotte a colori e un’ampia bio-bibliografia illustrata. Storici, critici e storici dell’arte come Franco Cardini, Carlo Fabrizio Carli, Siliano Simoncini hanno presentato con i loro interventi, al Gabinetto Vieusseux di Palazzo Stro

Più di cento opere riprodotte a colori e un’ampia bio-bibliografia illustrata. Storici, critici e storici dell’arte come Franco Cardini, Carlo Fabrizio Carli, Siliano Simoncini hanno presentato con i loro interventi, al Gabinetto Vieusseux di Palazzo Strozzi a Firenze, il volume curato dalla storica dell’arte Elena Pontiggia sulle opere di Sigfrido Bartolini raccolte nel volume Monotipi 1948-2001 Catalogo generale edito da Polistampa.
Il volume tiene insieme, per la prima volta in modo organico, l’intera produzione di monotipi del pittore, incisore e critico Sigfrido Bartolini nato a Pistoia nel 1932 e scomparso pochi anni fa nel 2007. Scene di vita cittadina e campestre, con figure come commercianti, preti o artisti del circo, ritratte in momenti di vita quotidiana sono i soggetti rappresentati nelle opere proposte nel volume. Rappresentazioni della nativa Pistoia e delle campagne circostanti, di chiese, strade e mercatiaffollati sono i soggetti amati da Bartolini. Apprezzati da Ardengo Soffici, che ne fu il primo estimatore, i monotipi di Sigfrido Bartolini rappresentano un episodio vitalissimo e singolare dell’arte italiana, soprattutto degli anni ‘40 e ‘50.
Sigfrido Bartolini inizia lo studio del disegno alla scuola d’arte di Pistoia con insegnanti come i pittori Pietro Bugiani, Alfiero Cappellini, Umberto Mariotti e lo scultore Corrado Zanzotto. Le sue prime esposizioni in mostre collettive sono del 1947 Dopo poco conosce Ardengo Soffici con il quale si istaurerà un rapporto di amicizia e di stima destinato a durare fino alla morte del maestro. Soffici gli farà conoscere Carlo Carrà, Enrico Sacchetti, Achille Funi, Francesco Messina, Bruno Cicognani, Roberto Ridolfi e molti altri, con i quali istaurerà duraturi rapporti di amicizia e di lavoro.
Non molto conosciuta, ma usata da tempo e da vari artisti, fra cui Degas il modo di stampa del monotipo (dal greco unica impronta) consiste in una particolare tecnica. Dopo aver dipinto il soggetto con colori ad olio o inchiostri da stampa, su un supporto di materiali diversi che possono spaziare dal vetro al cartone, dalle lastre metalliche al plexiglas, duri e lisci, oppure leggermente porosi, mentre il colore è ancora fresco l’artista imprime la lastra su un foglio o cartoncino da passare sotto il torchio, ottenendo così un’opera unica.
Il disegno o meglio la traccia lasciata non è mai uguale, da qui il termine monotipo, inoltre la matrice non rilascia tagli o morsure e come in ogni stampa e la raffigurazione è rovesciata rispetto al foglio. L’effetto è fresco e immediato e con studiata immediatezza, insieme colta e popolare, si riallaccia a quel primitivismo all’arte strapaesana di tutti i tempi ma anche al Doganiere Rousseau.
Sono opere che, come scrive Elena Pontiggia nell’ampio saggio introduttivo, "ci appaiono nel loro insieme come il frutto di una raffinatezza popolaresca, di una tradizione che ha ilsapore di una nascita, di una fedeltà al passato che si traduce nell’immediatezza di cose vive. Per questo dalla loro felicità malinconica e dalla loro facilità difficile, abbiamo ancora molto da imparare”.
Data recensione: 20/02/2010
Testata Giornalistica: Arte e Arti
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