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Tutti conoscono i nomi degli artisti, pittori, scultori, architetti che nel corso dei secoli hanno prodotto opere d’arte di grande bellezza, opere conosciute e amate in tutto il mondo. Ma accanto a questi ce ne sono altri, altrettanto importanti.

Tutti conoscono i nomi degli artisti, pittori, scultori, architetti che nel corso dei secoli hanno prodotto opere d’arte di grande bellezza, opere conosciute e amate in tutto il mondo. Ma accanto a questi ce ne sono altri, altrettanto importanti. Sono quelli di coloro che con grande tecnica e con il loro grande amore per l’arte hanno lavorato incessantemente per proteggere, conservare e restaurare grandi capolavori dagli insulti del tempo e dalle barbarie delle guerre e di altri uomini.
Un libro fresco di stampa “Le guerre del Paradiso. I restauri di Bruno Bearzi. 1943-1966”, scritto dal giornalista Paolo De Anna e dalla restauratrice Lidia Del Duca per Polistampa,ricorda e fa rivivere proprio uno di questi “paladini dell’arte”. Presentato in questi giorni a Firenze nella biblioteca degli Uffizi, il volume è una testimonianza ricca di emozioni,documenti e foto inedite su Bruno Bearzi, bronzista e restauratore friulano trapiantato a Firenze, protettore e salvatore di tante opere d’arte nei difficili anni della seconda guerra mondiale. Molto noto in città per i suoi interventi professionali di recupero e restauro di capolavori scultorei, Bearzi non tralasciò mai l’abitudine di prendere nel suo lavoro quegli appunti che suo nipote, il giornalista Paolo De Anna, ha avuto la bravura e la pazienza di ordinare per regalarci una testimonianza così viva e intensa.Tra le sue mani di esperto sono passate opere come il Perseo del Cellini, le statue equestri di Cosimo I del Giambologna in piazza della Signoria e quella di Francesco I del Tacca in piazza della Santissima Annunziata, la Giuditta e il San Ludovico di Donatello, ma anche le armi del Bargello, la fontana del Porcellino, il Putto del Verrocchio. Ma la sua più grande avventura è stata senza dubbio quella con le “Porte d’Oro” del bel San Giovanni, il Battistero di Firenze. Bearzi protegge, insieme a molte altre opere, le “porte del Paradiso” dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, per restaurarle e salvarle di nuovo più tardi, dai danni dell’alluvione del 1966. Come traspare dalle pagine del libro deve essere stata una emozione fortissima rafforzata dalla gioia della “riscoperta dell’oro”.La storia delle opere d’arte, infatti, certe volte può assomigliare a quella di un romanzo di avventure, se non addirittura a quella di un giallo. Da secoli, almeno dall’inizio del Settecento, si riteneva perduto il rivistimento d’oro, quella foglia d’oro che con orgoglio Lorenzo Ghiberti aveva applicato sul bronzo della grande porta del Battistero, al termine di un lavoro di scultura e oreficeria durato cinquant’anni, fino al 1452. E proprio Bruno Bearzi, con semplice lavaggio, dopo il ricovero per salvarle dai bombardamenti, ha avuto l’audacia di liberare dalle incrostazioni secolari bruno verdastre una formella per scoprire che quello che si pensava perduto era lì sotto gli occhi di tutti, nascosto dalla patina del tempo. Sotto le croste scure brillava ancora il rivestimento d’oro del Ghiberti. Una gioia vera sprizza dalle pagine del libro che documenta fra l’altro come solo dopo lo scoppio del conflitto, ben prevedibile da tempo, le opere d’arte di Firenze erano state distribuite, con scarsa preparazione tecnica, pochi soldi e incredibile disorganizzazione burocratica, in ben 37 depositi in ville, scantinati, buche, saloni.Il volume diventa così anche la testimonianza dell’avventura di opere d’arte preziosissime, veri patrimoni della storia dell’umanità nascoste e ammassate in una confusione totale e quasi per miracolo restituite alla vista di tutti.
Data recensione: 09/02/2010
Testata Giornalistica: Arte e Arti
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