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L’addio. L’artista è morto a settantanove anni. È morto in una clinica di Firenze dove era ricoverato per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, il pittore fiorentino Luciano Guarnieri. Aveva 79 anni. Allievo di Annigoni e amico di Prezzolini

L’addio. L’artista è morto a settantanove anni
È morto in una clinica di Firenze dove era ricoverato per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, il pittore fiorentino Luciano Guarnieri. Aveva 79 anni. Allievo di Annigoni e amico di Prezzolini, frequentò attori di Hollywood, magnati dell’industria e John e Jacqueline Kennedy. I funerali si terranno domani a Fiesole, dove è sepolta la moglie e musa Dolores.  Aveva girato mezzo mondo, aveva ammirato e ricreato i panorami più belli. Di fronte a lui i personaggi importanti si erano fermati, obbedienti, per farsi ritrarre, era orgoglioso dell’arte che sorreggeva la sua vita. Ma nel cuore, nella mente che guidava la mano, i posti più importanti erano riservati alla sua Firenze, e alla sua amata sposa Dolores, donna bella e raffinata come poche altre.
L’artista Luciano Guarnieri è morto l’altro ieri, alla soglia degli ottanta anni, assistito dai figli Lorenzo e Francesco, e l’opinione di chi gli era vicino, riporta il crescente smarrimento, il senso di vuoto che l’aveva colto da quando era venuta a mancare l’adorata Dolores. La casa Oltrarno, lo studiolo romito che si era scelto oltre le vette di Fiesole vedevano ancora, nel tempo, il suo tenace rapporto con matita, pennello e colori. Però il sorriso, la vivacità dello sguardo, del sommesso accento fiorentino erano andati a spegnersi con la perdita della donna amata.
Non si contano gli scenari naturali e urbani che Guarnieri ha studiato e ritratto, così come sarebbe lungo ricordare i grandi amici che lo hanno sorretto. Se Giuseppe Prezzolini, ritratto ben venticinque volte, fu in certo modo il suo caposaldo amicale nel balzo verso la stimolante realtà americana, se un maestro come Annigoni aveva benedetto e sorretto a lungo il cammino di chi sapeva ritrarre un esile, spirituale Cardinale Elia Dalla Costa come un sapiente gentiluomo di classe quale Harold Acton, se molti critici italiani, inglesi, americani guardavano con interesse alle mostre che si succedevano per decenni nei posti più disparati, i «suoi» amici-clienti italiani, fiorentini in particolare, non abbandonavano mai l’immagine, la convinzione di avere ancora, ai nostri giorni, tra l’Arno e le colline, un artista classico che sapeva conservare la poesia, il tratto, lo spirito di una città unica.
Ma quali erano le prove della straordinaria fedeltà alle tradizioni nobiliari toscane? Erano certo diverse e si erano distintamente affermate nel tempo. Si può cominciare da qualche fatto pratico, come per esempio la passione con la quale, già adulto, Guarnieri era riuscito a studiare e conquistare la tecnica classicadell’affresco, arrivando a realizzare policromi, accurati scenari in luoghi nobili e pericolosi quali la basilica del Carmine, in centri di quotidiana umile frequentazione, quale l’Albergo Popolare di Firenze, ma anche in ambascerie lontane, a Ginevra come New York. Era dunque questa testarda, incessantemente voluta parentela con il glorioso passato, a dare la sensazione della grande importanza rivestita, nella sensibilità e nella bravura di Guarnieri, dall’amore appassionato, quasi tormentoso, per Firenze?
Chi ha visto e apprezzato soltanto i panorami suggestivi che Guarnieri ha dipinto, soprattutto dai balconi di Palazzo Corsini sul lungarno, potrebbe già ritenerli prova filiale di amore. Ma in verità sono due serie di «fatti di cronaca» a dimostrare l’amore, l’immedesimazione di Guarnieri con la città. Prima i drammatici ritratti delle rovine causate dall’alluvione del ’66, e poi l’insieme delle scene strazioanti causate dalla bomba di via dei Georgofili.
Guarnieri è morto, celebre, dopo avere ritratto scene del Messico e di Israele, di Canada, Olanda, Cina, dopo aver frequentato attori di Hollywood, magnati dell’industria, i primi astronauti di Cape Canaveral, signore belle e capi di Stato.
Ma la città rimpiange, soprattutto, la perdita di un figlio innamorato e fedele come pochi altri.  
Data recensione: 06/12/2009
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Wanda Lattes Nirenstein