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(AGI) - La Gioconda, immortale capolavoro di Leonardo da Vinci, non cessa di far parlare di sé. O meglio, di “loro”: perché all’enigmatico ritratto esposto al Louvre dobbiamo affiancare una seconda Gioconda, o meglio una Gioconda nuda

AGI - La Gioconda, immortale capolavoro di Leonardo da Vinci, non cessa di far parlare di sé. O meglio, di “loro”: perché all’enigmatico ritratto esposto al Louvre dobbiamo affiancare una seconda Gioconda, o meglio una Gioconda nuda, che Leonardo avrebbe dipinto con la precisa intenzione di formare un dittico e rendere omaggio ai due volti di una stessa divinità, nientemeno che Venere. Questa l’ipotesi formulata da Renzo Manetti - esperto di iconologia già autore di studi controversi sull’opera di Leonardo - nel saggio Il velo della Gioconda. Leonardo segreto (Polistampa). Il dipinto, una donna nuda dalla cintola in su seduta su un balcone nella stessa posa della Gioconda, risalirebbe al cosiddetto “periodo romano”, quando Leonardo era immerso nello studio della filosofia e delle dottrine esoteriche. “Anche se il dipinto è andato perduto”, spiega Manetti, “esistono almeno una decina tra riproduzioni e opere di analogo soggetto, eseguite da allievi e discepoli, che ci permettono di ricostruire l’originale”. È chiaro il riferimento a dipinti come la Monna Vanna del Salaino, allievo di Leonardo che col maestro dipinse l’opera a quattro mani, come dimostrato da recenti studi spettrografici.
Alla Gioconda Nuda del maestro di Vinci si sarebbe poi ispirato anche Raffaello, che nello stesso periodo ritrasse due figure femminili assai simili tra loro, una coperta da un velo, La Velata, l’altra seminuda, La fornarina. Tra queste, come tra le due Gioconde di Leonardo, esisterebbe un rapporto preciso: sarebbero rappresentazione delle due Veneri della tradizione neoplatonica, quella “celeste” e quella “volgare”, a loro volta simboli di due diversi aspetti dell’anima umana.
Data recensione: 16/11/2009
Testata Giornalistica: AGI
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