chiudi

In un libro dell’architetto Morozzi edito da Polistampa catalogati tutti i danni provocati dalle mine tedesche nell’agosto 1944: torri, palazzi, chiese

In un libro dell’architetto Morozzi edito da Polistampa catalogati tutti i danni provocati dalle mine tedesche nell’agosto 1944: torri, palazzi, chiese  Quale fu lo scenario infernale di quella notte tra il 3 e il 4 agosto 1944 nelle strade, nei vicoli, nelle piazzette e gli slarghi alle due estremità del Ponte Vecchio? Quello che nessuno vide “in diretta” e che solo un fantasma della guerra – invisibile e invulnerabile – potrebbe ricostruire dal di dentro. Eppure possiamo immaginarlo attraverso un libretto edito da Polistampa: è la relazione dell’architetto Guido Morozzi che elenca chiesa per chiesa, palazzo per palazzo, torre per torre, tutte le devastazioni subite nel cuore della città e che hanno richiesto quindici anni di restauri. La prima mina esplose poco dopo le dieci di sera e investì la chiesa di Santo Stefano al Ponte immediatamente adiacente al Ponte Vecchio. Non si salvò un solo tegolo dai tetti della chiesa – racconta Morozzi – le grandi capriate subirono un forte spostamento, la facciata si spaccò orizzontalmente, il coronamento di archetti precipitò al suolo,una parete devastava le strutture marmoree dell’altare maggiore, il solo spostamento d’aria fece precipitare quasi tutti i rimanenti tetti con le volte e i solai. Rimase un immenso ammasso di rovine, aggravato dalle fitte piogge dei giorni seguenti. La Chiesa di Santa Trinita non fu minata ma bastò lo spostamento d’aria delle esplosioni che fecero saltare il ponte per provocare una devastante pressione. Nella Chiesa di Santa Felicita si scoperchiò il tetto e larghe ferite si aprirono sulle pareti in seguito alle esplosioni delle mine piazzate in via Guicciardini e in via dei Bardi. Anche la Chiesa di Sant’Egidio ebbe il tetto lesionato dallo spostamento d’aria. Il resto lo fece la pioggia. Una delle torri storiche di Firenze, che ci ha tramandato il ricordo delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, la torre degli Amidei, fu circondata, alla base, da una catena di mine. Quando esplosero crollò l’intera parete destra e una parte di quella opposta. “L’aspetto dei resti della Torre - scrive Morozzi - subito dopo il disastro era veramente impressionante tanto che un gruppo di tecnici giudicarono quei resti in estremo pericolo di rovina e ne consigliarono l’abbattimento. Tuttavia la Sovrintendenza ai monumenti decise di compiere ogni estremo tentativo”. Per bloccare i rischi di un così pericoloso rudere ai argini della strada si cominciò con il puntellamento di decine di alberi lunghi venti metri. Alla fine di un lungo lavoro non privo di momenti di timore, “la torre degli Amidei - scrive Morozzi - similmente al malato gravissimo che viene riportato in vita sul punto di spegnersi, riprese la sua funzione storica …”. Lo scoppio delle mine causò anche il crollo quasi totale della parte interna del Palazzo Ricasoli-Firidiolfi in via Guicciardini: la facciata rimase in piedi ma con grande pericolo per l’effetto vela. L’onda d’urto dell’esplosione del ponte alle Grazie provocò gravi danni anche all’Oratorio di Santa Maria delle Grazie, nel lungarno omonimo:il parziale scoperchiamento del tetto, la rottura di tutti i vetri, tra cui quelli piombati della lanterna. Tra le torri rimaste in piedi c’è, all’inizio di via Lambertesca la Torre Gherardini che fronteggiava la sua omonima completamente rasa al suolo con la torre Girolami: poiché conservava, unica, certi elementi delle torri fiorentine fu deciso di tentare il non facile salvataggio e non senza qualche peripezia l’edificio è stato riportato all’originaria fisionomia. Un’altra torre sopravvissuta è la Torre Mannelli, unica superstite del gruppo meridionale della testa meridionale del Ponte Vecchio dopo l’abbattimento della Torre di Parte Guelfa che fu demolita nel settembre 1944. 
Data recensione: 01/10/2009
Testata Giornalistica: Metropoli
Autore: Simona Bettini