Come definire questo libro, che al primo aspetto diremmo di saggi letterari, ma che poi – a ben guardare – ha pagine di storia, come quelle sulle vicende del socialista Antonino Campanozzi, perseguitato dal fascismo, o sulla presunta dimora di Mazzini al
Come definire questo libro, che al primo aspetto diremmo di saggi letterari, ma che poi – a ben guardare – ha pagine di storia, come quelle sulle vicende del socialista Antonino Campanozzi, perseguitato dal fascismo, o sulla presunta dimora di Mazzini al palazzo del Quirinale durante la Repubblica romana del 1849. Ma ha pure pagine di vera e propria analisi filosofica di un pensiero complesso e difficile qual’è quello di Luigi Pirandello, nel capitolo “Il sentimento, la logica e la lanterninosofia”. Molte naturalmente le pagine di ricerca letteraria su Pirandello e sul milieu dei suoi amici, per lo più sconosciuti o poco noti alla critica: come il poeta fiorentino Pietro Mastri, il filosofo monregalese Felice Momigliano, l’editore modenese Angelo Fortunato Formíggini, lo scrittore napoletano Luigi Antonio Villari. Providenti – diremmo – è un rievocatore di atmosfere e di situazioni che nascono dalle carte, maneggiate con consumata perizia e che, come in un teatro immaginario, fanno parlare i protagonisti attraverso i documenti che si scambiano. Basta una lettera ingiallita di cento anni fa scritta in filante gotico tedesco e riprodotta nei suoi tre foglietti, firmata “deine Jenny”, per ripercorrere tutta la vicenda amorosa della ragazza di Bonn. Vicenda dolce-amara, perchè la lettera di Jenny è un addio, e segna la fine di una storia - che ricomincia nel momento stesso in cui finisce. Ricomincia, perchè da lì Providenti avvia la sua ricostruzione della vita di questa giovane donna che a venticinque anni emìgra negli Stati Uniti e inizia una nuova vita.Non finiscono mai di stupirci i documenti ritrovati, com’è per il rarissimo opuscolo dedicato alla commemorazione dello “Zio Canonico”, celebrata nella cattedrale di Girgenti nel 1863, da cui viene ricavata la storia della famiglia materna del commediografo, ma anche la storia della diffusione dell’asiatico morbo, fin’allora sconosciuto, giunto per vie commerciali dal suo bacino d’incubazione nel Bengala fino a Londra e a Parigi nel 1832, diffondendosi poi rapidamente in tutta Europa e facendola ripiombare nell’incubo delle pestilenze medioevali. Quando il colera si diffuse in Sicilia nel 1836-37 raggiunse lì il picco più elevato in assoluto, registrando nella sola Palermo 135 decessi ogni mille abitanti.Un libro, queste Nuove Archeologie, che riconferma e consolida la fama solitaria di un saggista che scrive sibi et suis, per il piacere di comunicare, fuori dal giro della mondanità e dei facili successi.
Data recensione: 30/09/2009
Testata Giornalistica: Recensioni di libri
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