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L’autore riconsidera le edizioni critiche disponibili delle due opere albertiane, quella del De commodis a cura di L. Goggi Carotti (Firenze 1976) e quelle di C. Grayson (Il «Canis» di Leon Battista Alberti in Miscellanea di studi in

L’autore riconsidera le edizioni critiche disponibili delle due opere albertiane, quella del De commodis a cura di L. Goggi Carotti (Firenze 1976) e quelle di C. Grayson (Il «Canis» di Leon Battista Alberti in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca III Firenze 1983) e di R. Contarino (L.B. Alberti Apologi ed elogi Genova 1984) del Canis, per rilevare come la metodologia ecdotica dei testi umanistici differisca profondamente da quella dei testi classici. Per il De commodis, l’A. propone una nuova classificazione dei tre testimoni: C (Chicago, IL, Newberry Library, 44 [102]) e I (l’incunabolo stampato a Firenze nel 1499, probabilmente da Bartolomeo de’ Libri e a cura di Girolamo Massaini) discendono da un comune antigrafo e si oppongono a G (Genova, BU, G IV 29), che resta isolato e presenta, rispetto agli altri due testimoni, diverse varianti d’autore e correzioni di errori che inducono a ritenerlo latore della redazione più tarda. Alle prove filologiche su cui fonda le sue tesi, l’A. aggiunge lo studio della storia dei singoli testimoni e giunge a identificare il possessore di G nel medico e filosofo Pierleone da Spoleto, che possedette anche l’ampio collettore oxoniense di opere albertiane (Oxford, Bodl. Libr., Canon. misc. 172), depositario dell’ultima redazione di quei testi, e a riconoscere nelle molte innovazioni singolari di I altrettanti interventi di Girolamo Massaini, che opera pesantemente anche su altri testi albertiani da lui pubblicati. Per il Canis, grazie a un errore comune a tutti e 16 i testimoni noti, si riconduce la tradizione a un unico archetipo (in movimento), cui l’umanista depositò alcune varianti. In questo caso la redazione finale è rappresentata dal già citato codice oxoniense, ma un altro gruppo di codici (la famiglia y) reca alcune varianti d’autore che poi non ebbero seguito, secondo una fenomenologia non rara nella tradizione delle opere albertiane. Anche per quest’opera lo studio della storia dei manoscritti (e in particolare quelli del gruppo x, che trasmette la redazione più antica) consente di raggiungere importanti risultati riguardo al luogo e al tempo di composizione dell’opera, che fu probabilmente redatta a Ferrara nel 1438.
Data recensione: 01/07/2009
Testata Giornalistica: Medioevo Latino
Autore: Alessio Decaria