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“Quando le Armate alleate sono entrate a Firenze – si legge in una relazione dei servizi segreti di guerra americani – hanno trovato per la prima volta, in una città italiana di grande importanza, una organizzazione

“Quando le Armate alleate sono entrate a Firenze – si legge in una relazione dei servizi segreti di guerra americani – hanno trovato per la prima volta, in una città italiana di grande importanza, una organizzazione amministrativa quasi perfetta messa in piedi da forze antifasciste preparate e decise. Un sistema provvisorio, messo a punto perfino nei dettagli, già funzionante come una incontestata realtà di fatto sotto gli auspìci del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) che si considera come legittimo rappresentante del governo italiano e che aspira ad essere riconosciuto come tale dagli Alleati”. Di fronte ad una realtà della Resistenza che si presentava, a Firenze, come una organizzazione militare e civile, con inedite peculiarità, gli Alleati dovettero rivedere, nella lenta risalita da Sud verso Nord, tutti i loro piani (erano sbarcati in Sicilia il 10 luglio 1943; Roma era stata liberata soltanto il 4 giugno 1944; in Toscana, Grosseto era stata liberata il 14-15 giugno 1944; Siena il 3 luglio; Arezzo il 16 luglio; Livorno il 19 luglio – come Pontedera –; Firenze l’11 agosto, ma la battaglia in una parte della città durò tutto il mese, fino al 1° settembre, quando anche Fiesole fu liberata). A Firenze, il CTLN, costituito nell’autunno 1943, aveva deliberato di estendere, appena fosse stato possibile, la sua autorità su tutta la regione. Prima dell’arrivo degli Alleati aveva nominato il Sindaco, il Presidente della Deputazione provinciale, i Presidenti e i direttori dei principali enti culturali (dall’Accademia dei Georgofili al Gabinetto Vieusseux). Carlo Levi, in quel periodo a Firenze, ricordò, l’anno successivo, i caratteri originali della Liberazione della città. Firenze – scrisse – aveva dovuto inventare la guerra partigiana, la guerra di città, i Comitati di Liberazione come organi di governo […]. Non vi erano precedenti. Il Sud era stato liberato dagli eserciti alleati; i contadini del Mezzogiorno non avevano potuto diventare partigiani, né prendere, attraverso la guerra, coscienza del proprio valore civile. Il problema sociale e politico del Mezzogiorno veniva, da questa mancata partecipazione, perpetuato e aggravato. Roma era libera senza lotta e restava, malgrado gli sforzi dei pochi, l’eterno rudere burocratico. Pareva che il popolo, che pure aveva resistito al fascismo, non sapesse riconoscere le proprie forze e trovare una espressione politica nuova. Questa espressione, Firenze la trovò per sé e per tutti. La battaglia di Firenze fu la prima battaglia cittadina; il governo del CTLN fu il primo autogoverno popolare italiano. L’aver agito, nella lotta armata e nell’amministrazione, con il senso sempre presente di un compito nazionale da attuarsi attraverso a tutte le particolari manifestazioni di libertà, è il valore storico della Liberazione di Firenze. Essa non fu senza risultati. Qui gli Alleati trovarono una nuova Italia. Qui il governo di Roma sentì i segni di una realtà di cui si doveva tener conto. Firenze fu per mesi città di prima linea nella guerra militare dell’Appennino contro i tedeschi del Nord, e si sentì città di prima linea, rappresentante e avamposto della nuova Italia nella lotta politica contro i residui dell’antica. A Firenze, però, l’avanzata della V Armata dovette fermarsi; registrò alcuni successi sul lato occidentale (il 2 settembre 1944 fu liberata Pisa, il 5 settembre Lucca, l’8 Pistoia, il 21 Forte dei Marmi), ma a poco a poco si esaurì a 16 km da Bologna. Otto capoluoghi, gran parte della Toscana erano stati liberati nell’autunno 1944, ma non Massa e Carrara, non i Comuni della Garfagnana e della Lunigiana (verranno liberati soltanto dal 16 al 27 aprile 1945). Il fronte si fermò per circa otto mesi vicino a Firenze; il capoluogo toscano divenne un singolare laboratorio politico e culturale, in questo periodo. Fra le varie iniziative prese dal Comitato Toscano di Liberazione Nazionale vi fu la pubblicazione di un quotidiano, “La Nazione del Popolo”. I componenti del CTLN – rappresentanti del Partito Comunista, della Democrazia Cristiana, del Partito Socialista, del Partito d’Azione e del Partito liberale – ritenevano evidente l’utilità di un quotidiano. «Firenze è un centro di cultura – scrissero nei giorni precedenti la liberazione della città – e deve avere la sua voce. È la città più settentrionale raggiunta dall’esercito alleato in attesa della liberazione delle città del Nord, la sua stampa può avere una particolare influenza». Il giornale fu affidato a cinque direttori, uno per ogni partito rappresentato nel Comitato di Liberazione: Bruno Sanguinetti per il Partito Comunista; Carlo Levi per il Partito d’Azione; Vittore Branca per la DC; Alberto Albertoni per il PSI; Vittorio Santoli per il PLI. Il primo numero del quotidiano fu stampato l’11 agosto, il giorno stesso della liberazione di Firenze, con mezzi di fortuna. Alcuni tipografi riuscirono ad azionare, alla luce delle candele, una macchina piana con il motore di una automobile, di una Balilla. Non era stato possibile utilizzare gli impianti di Via Ricasoli, dove si stampava allora «La Nazione»: i tedeschi avevano portato via pezzi di macchinari e non c’era energia elettrica. Nelle strade vicine alla tipografia di Via San Gallo, di proprietà della “Società per azioni Armando Paoletti”, continuavano i combattimenti. Il 13 agosto, poi, le autorità alleate ne imposero la sospensione motivandola con le particolari esigenze della zona del fronte e con la difficoltà di reperire la carta per stampare. Il giornale poté riprendere le pubblicazioni alla fine di agosto; usciva di pomeriggio, esclusa la domenica, mentre il “Corriere di Firenze”, fondato dagli Alleati, continuò ad essere pubblicato di mattina. Il singolare quotidiano della Resistenza superò ben presto le ventimila copie inizialmente autorizzate; raggiunse una media di quarantacinquemila copie e in alcuni casi stampò anche sessantamila copie. Il giornale – di due pagine, eccezionalmente di quattro –, divenne uno dei più importanti della Resistenza europea. Ha ricordato Vittore Branca, uno dei cinque direttori: fu “una permanente e pugnace agorà critica di libertà e di impegno civile”. Nelle sedute giornaliere dei cinque direttori per decidere quali articoli pubblicare e a quali collaboratori chiedere commenti si confrontavano “impostazioni marxiste-staliniste e comuniste nazionali con tradizioni liberali giolittiane-crociane e gobettiane-rosselliane, ispirazioni cristiane sturziane e maritainiane e montiniane con entusiasmi socialisti massimalisti e riformisti. Erano alle volte scontri insistenti e violenti, ai limiti della rottura”. Riguardavano la guerra – ancora non conclusa –, quale Stato ricostruire, la Monarchia e la Repubblica, le riforme da chiedere, il tipo di Costituzione da sostenere. I collaboratori del quotidiano assicurarono al giornale una grande autorevolezza. Il presidente del CTLN, Carlo Ludovico Ragghianti, scrisse sull’importanza e sul ruolo dei Comitati di Liberazione; su questo tema intervennero Enzo Enriques Agnoletti, Tristano Codignola, Carlo Levi e il poeta Eugenio Montale. Sui problemi del “nuovo Stato” intervennero con vari articoli Piero Calamandrei e Attilio Piccioni – in quel periodo a Firenze –, Adone Zoli, Eugenio Artoni, Paolo Barile, Mario Augusto Martini e Gian Paolo Meucci. Ai temi della riorganizzazione dell’economia, della “terra ai contadini” – un tema molto sentito negli anni del dopoguerra – dedicavano articoli Roberto Bracco, Cesare Dami e Alberto Bertolino. Il giovane Guido Carli interveniva, da Roma, sui problemi del cambio della moneta. Sulla politica estera, il quotidiano pubblicava anche i commenti di due esuli negli Stati Uniti: don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare, e Gaetano Salvemini. Il redattore capo Romano Bilenchi curava pure, con i direttori, le collaborazioni dei letterati. Sulla “Nazione del Popolo” scrissero così Eugenio Montale e Umberto Saba – che abitavano in quel periodo a Firenze –, Carlo Cassola, Manlio Cancogni, Mario Luzi. Il quotidiano pubblicò anche interessanti inchieste sulla Toscana, fra guerra e dopoguerra, di Carlo Coccioli, Carlo Cassola, Giovanni Pieraccini, Sergio Rossi. Si occupò del problema della ricostruzione sostenendo la proposta di un Ente speciale per realizzarla. Ospitò contributi e dibattiti sui temi delle autonomie e delle Regioni la cui istituzione avrebbe dovuto contribuire a caratterizzare la nuova Costituzione. Con la fine del giugno 1946 si chiuse anche in Toscana una stagione della vita politica del dopoguerra: il 2 giugno si era svolto il referendum istituzionale; contemporaneamente era stata eletta l’Assemblea Costituente. Il 26 giugno, il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale cessava le sue funzioni. Lo scioglimento ufficiale avvenne poi il 3 luglio; sul numero di quel giorno de “La Nazione del Popolo” apparve per l’ultima volta il sottotitolo “Organo del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale”. Erano passati quasi due anni da quando, “sotto il sole implacabile di agosto, Firenze libera per virtù propria, taceva assorta nelle sue rovine”.
Data recensione: 01/06/2009
Testata Giornalistica: InContatto
Autore: Pier Luigi Ballini