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Che peso ha avuto la censura nel Regno di Sardegna tra Settecento ed Ottocento? Se lo è chiesto il giovane storico dell’Università di Cagliari Nicola Gabriele nel suo libro “Modelli comunicativi e ragion di Stato. La

Che peso ha avuto la censura nel Regno di Sardegna tra Settecento ed Ottocento? Se lo è chiesto il giovane storico dell’Università di Cagliari Nicola Gabriele nel suo libro “Modelli comunicativi e ragion di Stato. La politica culturale sabauda tra censura e libertà di stampa (1720-1852)”, Polistampa, pp. 424, 24,00 €). Secondo l’autore la censura ecclesiastica e statale ha avuto una sua notevole centralità nel regno sabaudo, diventando uno strumento importante di formazione e consolidamento dell’opinione pubblica. In una cornice temporale che si colloca tra il 1720 e il 1852, l’autore ricostruisce le varie fasi durante le quali, a partire dagli anni Trenta del secolo dei Lumi, venne elaborato quel complesso di norme destinate a regolare, con successive modifiche, tutta l’attività censoria del potere regio e che, superata la parentesi di fine secolo e l’età napoleonica, sarebbero state ripristinate dopo il Congresso di Vienna. Un quadro che mette in evidenza le dinamiche del mercato editoriale nel Piemonte e il privilegio di cui poté godere la Stamperia Reale, capace di dare vita ad un regime di sostanziale monopolio specie in alcuni generi letterari.Uno spazio rilevante viene riservato all’analisi della nascita della legislazione censoria in Sardegna e allo sviluppo dell’editoria sarda nella seconda metà del Settecento in chiave comparativa con quello che succedeva nel territorio sabaudo. Emerge così, in particolare, il ruolo che rivestì la stampa sarda negli eventi che caratterizzarono il triennio rivoluzionario sardo di fine Settecento, uno dei momenti più importanti e delicati della storia del Regnum, con un’attenzione specifica al periodo di autogoverno stamentario. Le caratteristiche del sistema censorio nei territori sabaudi durante l’età napoleonica vengono analizzate in comparazione con il periodo di esilio dei Savoia in Sardegna iniziato nel 1799 e con il modello di pura restaurazione, anticipatrice di quindici anni rispetto a quello uscito dal Congresso di Vienna, che i sovrani piemontesi seppero imporre alla Sardegna anche con il controllo dell’informazione. Restaurato il loro potere sul Regno, i Savoia avrebbero riaffermato la logica della censura preventiva a partire dal 1816, con un’accentuazione durante gli anni di regno di Carlo Felice, il quale tentò di stroncare i propositi riformisti che avevano guidato ai moti del 1821. Negli anni di governo di Carlo Alberto si assistette ad un graduale riformismo capace da un lato di porre sotto controllo governativo la stampa periodica di connotazione politica e dall’altro, specie a partire dagli anni Quaranta, di consentire lo sviluppo di un clima culturale che avrebbe consentito al Regno sabaudo di diventare un punto di riferimento per gli ideali liberali e per le ambizioni costituzionaliste.
La concessione dello Statuto Albertino non celò comunque i tentativi, soprattutto attraverso i provvedimenti presi dal Parlamento, di porre dei limiti a quelli che venivano visti come gli eccessi di libertà di critica della ricca produzione giornalistica del Regno, anche in considerazione dei condizionamenti politici che i Savoia iniziavano a subire da parte di Napoleone III. Problemi, questi, destinati a suscitare nuovi dibattiti una volta raggiunta l’Unificazione.
Data recensione: 05/04/2009
Testata Giornalistica: L’Unione Sarda
Autore: Gianluca Scroccu