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Innocenza Scerrotta Samà – Il peso del silenzio – Polistampa - Cara Innocenza, ti sto leggendo, sto leggendo “Il peso del silenzio” e mi vengono spontanee risposte, commenti, gesti di partecipazione. Qui sei oltre il Mito:

Innocenza Scerrotta Samà – Il peso del silenzio – Polistampa - Cara Innocenza, ti sto leggendo, sto leggendo “Il peso del silenzio” e mi vengono spontanee risposte, commenti, gesti di partecipazione. Qui sei oltre il Mito: oltre la consueta "casa". Le tue radici, mitiche radici, sono mature a tal punto, vita e dolore le hanno talmente fuse alle profondità terrestri, che tu puoi con leggerezza danzare. Alla maniera di certi mimi, con la consumata grazia dei francesi. Contemporaneamente, hai reso forte come refe la tua parola. Che è ormai un segno, una traccia, un filo che va a stendersi nello spazio astrale, nell’ oltre del tempo singolo umano. Per cui il grido di sempre risulta come trattenuto, mentre resta eloquente l’ amore per i corpi, la natura e le cose. Madre di sangue e madre di pensiero, i tuoi figli vanno per il mondo sparsi, mondo di distruzione. Dov’è l’uomo? Forse è nella poesia dove si dice l’indicibile. Eppure la parola pace soffiando appena inumidisce l’ anima. E alba e rugiada, erba e seme, in queste pagine sanno di nuovo, sanno timidamente di futuro. Motti che una donna di passione offre mentre si aggira, in tunica e in meditazione, nel patio o cortile. Appare poi nell’arco sulla strada, arco di pietra. Evoca e quindi indica e vive, canti d’aprile e canti d’usignolo. Sono fra gli affezionati alla poesia di Innocenza e anche su questo suo ultimo libro ho già scritto due volte. Porto ora l’impressione di una terza lettura. Fatta come? Ho aperto a caso il libro e l’occhio è andato sulla pagina 13. Ho letto e commentato dividendo in due la pagina, come la poesia stessa indica di fare. “L’invisibile volto / la tua forza, / la parola illusa / che fosse l’indicibile a dirla / dall’essenza profonda”. Le parole del silenzio, che in modo evidente sono invisibile indicibile e illusione, vanno qui associate , non solo a volto e parola come tratti in sé strutturali e portanti, ma anche a forza, essenza e all’aggettivo profonda. Parole tali queste da squarciare ogni silenzio. E ancora. “Solitario, / senza nome / il canto del principio / racconta la vita, / protegge / balenante, serrato / il suo mistero”. Come dire che, nel silenzio innocenziano, possono cantare il principio e la vita. In più, il mistero appare protetto e serrato ma anche balenante. Parlare di abitudine e facilità all’ossimoro sarebbe riduttivo. Direi piuttosto che si tratta de il pro e il contro, il bianco e il nero, il sole e la pioggia. Linee contrarie fra loro, che tendono a salire ed incontrarsi formando l’apice di un triangolo, di una piramide. Va sempre verso l’alto Innocenza, verso l’antico rinascente. Verso il mito. Usa il mito come metafora. Poiché è il mito per lei, secondo me, lo strumento che rende sonora la silenziosa poesia. Poesia, la cosa amata instancabilmente.
Data recensione: 01/11/2004
Testata Giornalistica: Novecentopoesia
Autore: Alberta Bigagli