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Di tutt’altra natura, rispetto al giardino Bardini, per la sua posizione defilata immerso nei boschi che lo circondano, è il Giardino del Bosco di Fontelucente di proprietà della famiglia Peyron che si distende sul crinale

Di tutt’altra natura, rispetto al giardino Bardini, per la sua posizione defilata immerso nei boschi che lo circondano, è il Giardino del Bosco di Fontelucente di proprietà della famiglia Peyron che si distende sul crinale della collina fiesolana lungo la via dei Bosconi che si congiunge al Castel di Poggio e al Castello di Vincigliata, progettato da Paolo Peyron dal 1936 in poi sopra un terreno in declivio, utilizzato come bosco ceduo, che si protende in vertiginosa discesa verso il fondovalle della Mensola, delimitato verso destra dal monte Ceceri e da Castel di Poggio a sinistra. Alla sommità del giardino, sul tragitto della via collinare detta dei Bosconi, sorge la villa ristrutturata in stile eclettico dall’architetto Ugo Giovannozzi sopra un precedente edificio accatastato come «casa colonica con resedi». Ines Romitti, curatrice degli importanti volumi intitolati Il Bosco di Fonte Lucente. Il racconto del giardino e della villa di Paolo Peyron, del 1997, e Il Giardino del Bosco di Fontelucente, del 2001, editi ambedue da Polistampa, a Firenze, ha puntigliosamente consultato tutte le fonti storiche e redatto, insieme a valenti collaboratori, un testo ricco di notizie strutturato in vari capitoli dedicati alle analisi del giardino e al masterplan, in un’acuta disamina degli arredi architettonici e statuari e nella descrizione dei restauri sia della componente vegetale che dei manufatti artistici. Vorrei soffermarmi sull’atmosfera culturale che ha dato origine a questa fioritura di giardini sui colli fiorentini, dove già sorgevano imponenti castelli medievali, ridotti a romantiche rovine nei secoli XVIII e XIX, ville rinascimentali con giardini all’italiana, mi riferi- sco ai giardini di villa Schifanoia e della villa I Tatti di Bernard Berenson a Ponte a Mensola. Le colline fiesolane, uno dei più bei paesaggi della Toscana, famose già in epoca rinascimentale per le grandi cave di arenaria da cui estraevano blocchi per le loro sculture Desiderio da Settignano, Benedetto da Maiano, il Rossellino ed altri, intorno alla metà dell’Ottocento vennero completamente ridisegnate dall’intensa attività di John Temple Leader che intraprese una vasta operazione di riforestazione delle sue proprietà che da Maiano giungevano fino alle colline su cui si ergeva il Castello di Vincigliata, completamente ricostruito in quegli anni in chiave neo-medievale. La proprietà Peyron si trova ai confini di quelli che erano i possedimenti di Temple Leader ed è proprio in questo ambito paesaggistico, ricco di una vegetazione composta di piante sempreverdi e spoglianti proprie del bacino del Mediterraneo, che il Bosco di Fontelucente si inserisce in perfetta sintonia, per l’armonia che si crea fra il paesaggio che circonda le dimore fiesolane e i loro giardini, creazioni artificiali completamente inserite nell’ambiente naturale circostante. La presenza di cipressi sempreverdi marca i confini e gli accessi con la campagna, cedri, pini e querce sono posti nelle vicinanze degli edifici a sottolineare un collegamento con il bosco confinante. La struttura compositiva di questo particolare giardino, voluto e creato da Paolo Peyron durante l’intero arco della vita, rivela una sensibilità profonda nel cogliere e adeguarsi allo spiritus loci, una colta attenzione al paesaggio che circonda il terreno su cui si stende il giardino innervato dalla linfa della rigogliosa vegeta- zione boschiva naturale che sorge ai suoi confini, ricca di esemplari maestosi e di acque sorgive che, incanalate a dovere, creano spettacolari giochi d’acqua nelle fontane e nel laghetto situato sul terrazzamento inferiore, estremo punto focale della prospettiva che si apre dall’alto del crinale della collina, da dove lo sguardo scivola velocemente verso il basso in un susseguirsi di fantastici pointes de vue di eccezionale gusto. Ines Romitti nelle sue pubblicazioni descrive con dovizia di particolari la gestazione di questo giardino, proiezione stessa della personalità del suo creatore che riunisce nel progettarlo e completarlo le sue emozioni, in una stesura di armoniose proporzioni, riproponendo lo schema degli antichi giardini all’italiana rivisitati da esperienze romantiche ed eclettiche contemporanee di cui sono testimonianze le costruzioni presenti nel parco-giardino: la cappella dedicata alla Madonna della Pace di chiara impostazione neo-gotica, il fonte battesimale proveniente dal Veneto corredato da una colonna che sostiene un leone dalla cui bocca fuoriesce l’acqua come dagli antichi gargouilles (pluviali per la scolatura delle acque) medievali. Ritroviamo nel percorso del giardino numerose fontane perché l’acqua è il motivo dominante dell’intero progetto, quasi il leit motiv di uno spartito musicale, su cui scivolano le note del vento, del canto degli uccelli, dello stormire delle fronde. Paolo Peyron ha costruito il suo giardino con la finalità di aprire uno scenografico arco visivo verso Firenze e lo ha organizzato in tre terrazzamenti che, dalla villa in cima alla collina, degrada- no verso il laghetto in basso. Le maestose cortine di cipressi sui bordi costituiscono un cannocchiale ottico che accentua l’effetto paesaggistico lungo il crinale e si conferma una scelta di magistrale efficacia. Davanti alla villa sul primo terrazzamento esisteva un vecchio giardino trasformato dal proprietario in un parterre con aiuole fiorite e siepi di bosso che delimitano quadrati tenuti a prato percorso da sentierini inghiaiati. Ai lati una balaustra intervallata da numerose sculture in pietra di Vicenza (prima della guerra i manufatti artistici erano in cotto dell’Impruneta), raffiguranti guerrieri, figure femminili allusive a divinità protettrici dei boschi, statue di Pan e di satiri, villani e villanelle di varia provenienza. Il bell’articolo di Laura Corti ne Il Giardino del Bosco di Fontelucente citato, rende conto di questi manufatti di fattura novecentesca, repliche di originali del XVIII secolo, inseriti nel giardino da Paolo Peyron secondo il gusto antico di ornare con figure di divinità campestri, allusive alle metamorfosi stagionali e ad antichi riti dionisiaci, gli eleganti giardini destinati ad ospitare riunioni di filosofi, poeti, letterati e artisti raccolti attorno al signore proprietario della villa e dell’Hortus. A corollario delle grandi sculture troviamo presenti anche numerosi putti che giocano sulle fontane e un gruppetto di graziose danzatrici collocate intorno alla Vasca della Conversazione, circondata da un colonnato in una “stanza” circolare a metà percorso del parco bosco. Nel terrazzamento sottostante, che potremmo definire livello intermedio, si restringe il cannocchiale visivo della prospettiva a causa di una fitta cortina boschiva ai lati che racchiude il giardino formale e marca il confine fra il giardino artificiale e la natura spontanea del bosco inserito a sua volta in un contesto agricolo. L’area raccolta all’interno contiene un parterre di bosso contornato da una siepe quadrangolare che funge da cornice ad una creazione fantasiosa di ars topiaria. Proseguendo in discesa verso il basso la struttura del parco giardino diviene sempre più segmentata dagli incroci delle varie scalinate scenografiche e dai forti muri di sostegno. In questa zona, alla fine di una composizione di forma ovoidale, quasi una stanza verde circondata da una piccola siepe circolare di cipresso, troviamo due brevi gradinate a tenaglia che conducono ad un’esedra formata da un’altra siepe di leccio da cui si gode una superba vista su Firenze. Le estreme propaggini del giardino si innestano sullo spazio agricolo coltivato ad olivi con al centro il laghetto collinare realizzato negli anni Sessanta nel secolo scorso; il giardino-parco confluisce nella campagna tramite un filare di cipressi che ne delimita i margini e costituisce il passaggio dall’architettura progettata e ordinata a un tessuto agricolo che si inserisce liberamente nel paesaggio delle colline circostanti. La mente creatrice di una così suggestiva realizzazione aveva unificato in una sublime armonia le varie componenti paesaggistiche dando vita ad uno spazio magico, immaginato per provocare intense emozioni. Un luogo del cuore per Paolo Peyron che ha evocato in questi luoghi lo spirito degli antichi giardini arricchendoli di una vena di romantica fantasia, che si esprime nel Laghetto Giapponese e nel Piazzale della Musica, omaggio a Riccardo Muti, che si protende verso il lago sottostante e richiama alla memoria i giardini lacustri di Antonio Fogazzaro con la loro dolce e struggente malinconia. Una particolare atmosfera intimista la troviamo nello spazio dedicato alla Conversazione dove un piccolo tempietto rotondo esastilo racchiude al suo interno una fontana zampillante; il luogo invita ad una sosta nel fresco della vegetazione e concilia lo scambio di confidenze sussurrate sottovoce. L’acquisizione di questo giardino particolare, molto visitato e amato dagli stranieri, da parte della Fondazione Parchi Monumentali dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, ha senza ombra di dubbio rappresentato l’occasione per risparmiarlo al degrado e all’abbandono. La grande varietà di specie vegetali di alto fusto e le splendide collezioni di piante da fiore (ortensie e rose) e di specie profumate (Olea phragrans e viburno) sono controllate dall’attuale curatore del parco, il dottore agronomo Saverio Lastrucci, cui compete anche il compito di preservare la zona agricola e il bosco. In un prossimo futuro è auspicabile intervenire con operazioni mirate al recupero dei manufatti artistici, delle architetture e dell’intero patrimonio vegetale seguendo i criteri esposti nel masterplan presentato da Ines Romitti con grande attenzione per tutti gli aspetti del parco-giardino, non tralasciando nessuna delle indicazioni trasmesse da Paolo Peyron che della progettazione e della cura costante di questo luogo aveva fatto lo scopo della vita.
Data recensione: 16/03/2009
Testata Giornalistica: Amici dei Musei
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