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“Carissimo Pier Paolo, ho avuto la lettera e ti abbraccio subito con tutto il mio affetto... Siccome ho letto e travasato bene il tuo ultimo libro so quanto contasse Ninetto per te e so anche che solo un dio potrebbe fartene

Quando NInetto Davoli lasciò Pasolini “Carissimo Pier Paolo, ho avuto la lettera e ti abbraccio subito con tutto il mio affetto... Siccome ho letto e travasato bene il tuo ultimo libro so quanto contasse Ninetto per te e so anche che solo un dio potrebbe fartene trovare un altrettanto caro e splendente. Posso solo sperare che succeda proprio questo: che si accenda una sera in modo diverso una faccia del gruppo di Canto Civile, che ti chiami un accento che tu possa riconoscere”.
Attacca così una toccante lettera spedita da Ivrea il 26 agosto 1971 e indirizzata dallo scrittore Paolo Volponi a Pier Paolo Pasolini. È una delle lettere inedite raccolte da Daniele Fioretti dell’Università del Winsconsin in un bel volume pubblicato da Polistampa. Pasolini è disperato per la fine della relazione con Ninetto Davoli, per lui una perdita che somiglia ad un lutto: “Sono quasi pazzo di dolore. Ninetto è finito. Dopo quasi nove anni Ninetto non c’è più. Ho perso il senso della vita. Penso solo a morire e a cose simili. Tutto mi è crollato intorno: Ninetto con la sua ragazza, disposto a tutto, anche a tornare a fare il falegname (senza battere ciglio) pur di stare con lei”.
Emerge un Pasolini che forse ritiene più nobile, nonostante le sue battaglie, un Davoli attore che un Davoli falegname, o sono le parole di un innamorato ferito? In ogni caso, consolare Pasolini non è facile: ma Volponi ha capito il dramma che sta vivendo. Le lettere sono le pagine intense di un’amicizia fra due grandi della letteratura italiana: Paolo Volponi, autore di capolavori come “Le porte dell’Appennino” (Premio Viareggio 1960) e “La macchina mondiale” (Premio Strega 1965), e Pier Paolo Pasolini, tra i più originali e controversi intellettuali del Novecento. La loro corrispondenza copre un periodo di oltre vent’anni, dal 1954 al 1975, e tocca la sfera del privato ma anche la discussione letteraria, il commento sul clima politico e culturale del tempo. Se la vita di Pasolini è tormentata dalle sue lotte politiche e dai suoi amori difficili, anche quella di Volponi pare un film: comunista, lavora vent’anni in Olivetti anche come capo delle relazioni umane, ma, nominato amministratore delegato, darà subito le dimissioni. Poi la fulminea carriera nella Fondazione Agnelli: da collaboratore esterno a Presidente e successiva rottura, tutto in tre anni. Nelle lettere a Pasolini parla del suo lavoro lontano da casa, della famiglia, tra qualche soddisfazione e molte amarezze: un profondo dialogo interrotto solo dalla tragica morte di Pasolini.
Data recensione: 17/01/2009
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: David Fiesoli