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È passato un solo anno dall’uscita del bestseller “Oriana Fallaci. Morirò in piedi”, edito da Polistampa in occasione del primo anniversario della morte della grande giornalista, e il suo autore Riccardo

FIRENZE aise - È passato un solo anno dall’uscita del bestseller “Oriana Fallaci. Morirò in piedi”, edito da Polistampa in occasione del primo anniversario della morte della grande giornalista, e il suo autore Riccardo Nencini, insieme con l’editore Antonio Pagliai, dà alle stampe una nuova edizione del libro, ampliata e ricca di inediti.Dalla prima apparizione del fortunato volumetto sono accadute diverse cose: alle iniziali 80mila copie sono seguite tante ristampe fino alla presente; Nencini ha perseverato nel proprio impegno politico ed è stato eletto segretario nazionale del PS; è uscito postumo “Un cappello pieno di ciliege”, inevitabile compagno di questo libro perché anche lì sono temi centrali la città di Firenze, la famiglia e le origini della scrittrice. La nuova edizione di “Oriana Fallaci. Morirò in piedi” - rinnovata anche nella veste che da rosso porpora diventa gialla (pp.80, euro 6.00) - contiene piccoli segreti che solo ora possono essere disvelati: “non chiedetene la ragione” ha affermato il presidente Nencini, che dentro di sé porta ancora vivi i segni di quell’intimo dialogo avuto con la Fallaci in prossimità della sua morte. Oriana Fallaci ebbe pochi amici. Fra questi Riccardo Nencini, protagonista della politica toscana e da tempo apprezzato scrittore. Nencini passò con la grande giornalista, poco prima della sua morte, un’intera giornata. In una piccola camera a Firenze rimase a farle compagnia, bevendo champagne e fumando sigarette. Si dissero molte cose, ma soprattutto fu la Fallaci a parlare, della politica, della crisi dell’Occidente e del terrorismo islamico: “Riccardo, l’Occidente è malato, ha perso la voglia di lottare, oppone valori vacui di fronte all’integralismo islamico. L’Europa è rammollita”, osservò la Fallaci. Nencini ripercorre quel loro ultimo incontro, momento dopo momento, senza tradire nulla di quello che gli fu detto. La Fallaci ci parla del suo rapporto con l’Alieno, come lei stessa chiamava il cancro che poi la uccise, del desiderio di morire a Firenze, in quella stanza da cui si vede l’Arno e dove durante la Seconda Guerra Mondiale era rimasta con suo padre partigiano. Discutono di tutti quei temi che sempre infiammarono l’anima di questa “meravigliosa, temibile e vanitosa creatura”, come la definì Giuliano Ferrara: l’Occidente, l’Islam, le moschee, il ruolo degli Usa e dell’Europa. Nei suoi ultimi giorni la Fallaci appare come sempre è stata: tagliente, austera, decisa. Eppure, capace al contempo anche di sorprendenti tenerezze, di toccanti, inaspettati momenti di fragilità.
Nel suo libro, Nencini ci rivela una Fallaci per molti aspetti ancora inedita, privata, il ritratto di una donna corrosa dalla malattia eppure, come sempre, libera e spavalda: “Sono alla fine, Riccardo, e voglio morire a Firenze. Ed ora ci siamo. Ma morirò in piedi, come Emily Brontë”, disse la signora al suo ospite. Come la poetessa che morì mentre sbucciava patate, ricorda Nencini, “e invece di cadere per terra rimase in piedi. Con lo sbucciapatate in mano e una patata nell’altra”. Un’immagine potente, che spiazza chi dalla Fallaci si sarebbe magari aspettata la citazione di una pasionaria dei diritti civili e non di una scrittrice di romanzi, come esempio di lotta estrema alla malattia e alla morte. (i.g.aise)
Data recensione: 11/11/2008
Testata Giornalistica: Aise
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