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Mi sono svegliato agitato quel venerdì mattina del 30 luglio 2002. Come al solito mi sono vestito e sono uscito per andare a buttar giù dal letto Gary. La giornata era cominciata nello stesso identico modo delle altre. Poi il

Mi sono svegliato agitato quel venerdì mattina del 30 luglio 2002. Come al solito mi sono vestito e sono uscito per andare a buttar giù dal letto Gary. La giornata era cominciata nello stesso identico modo delle altre. Poi il solito giro a South Central per la visita ai clienti abituali. Noi avevamo sempre “roba” buona. Più tardi mi misi a sentire della musica giusta nello studio di casa mia e Anthony passò a trovarmi Faceva un caldo terrificante e me ne stavo sdraiato in mutande con una cassa di birra gelata a fianco. Lui era nervoso. Negli ultimi giorni c’erano stati dei battibecchi con alcuni dei Bloods (una delle più potenti gang di Inglewood, nemica storica dei Crips, la prima leggendaria gang afro-americana di Los Angeles, fondata nel 1969 da segue » Stanley Tookie Williams “The Monster”). Disse che aveva dei problemi con alcuni ragazzi vicini di casa e aveva bisogno d’aiuto. Quando qualcuno della gang ha bisogno d’aiuto i fratelli devono essere sempre pronti a intervenire. La cosa mi eccitò. Chiesi a Anthony cosa era successo. Mi disse che un certo Lewis, dei Bloods, aveva alzato il gomito e la sera prima, a una festa, aveva dato fastidio a sua sorella. Quel pomeriggio si era fatto vivo dove non avrebbe dovuto. Sapete come funziona, ogni gang controlla alcune strade. Se esci dal tuo territorio vuol dire che cerchi rogne oppure sei braccato dai piedipiatti. Mentre Antony parlava iniziai a caricarmi, mi sentivo aggressivo e avevo voglia di battermi con qualcuno. Non so perché, ma mi sentivo forte, invincibile e volevo dimostrare il mio potere a ogni costo. Qualcuno aveva bisogno di me, c’era da dimostrare chi era il più forte. Presi una pistola e me la misi in tasca, anche se non avevo intenzione di usarla. Mi faceva stare più tranquillo e sentire ancora più forte. Salimmo sulla mia auto, una Mustang nera del 2000, potenziata e con un impianto stereo da far vibrare i vetri delle case in ogni quartiere attraversato. Passammo a prendere Gary e Salomon, pronti per la nostra spedizione punitiva. Arrivammo nel cortile di fronte alla casa di Anthony. Un edificio di legno a un piano, come la maggior parte delle abitazioni di Inglewood. Il pratino secco e qualche cespuglio bruciato dal sole circondavano il vialetto in cemento che conduceva al garage. Un canestro per giocare al basket era appeso a un muro e sul marciapiede di fronte troneggiava un divano di velluto, abbandonato da qualcuno. I ragazzi che stavano dando problemi erano proprio lì davanti. Erano in sei. Tutti dei Bloods, lo si capiva dalle magliette rosse, le bandane rosse, i cappellini dei Boston Red Sox (loro idoli nel baseball) e dai fazzoletti nella tasca destra del retro dei pantaloni (i Crips le portano nella tasca sinistra). Non si aspettavano di vederci e questo avrebbe giocato a nostro vantaggio. D’impulso, senza starci a pensare, diedi sfogo alla mia rabbia. Iniziai a prendere a pugni uno dei ragazzi, incurante del fatto che erano più di noi. In un battito di ciglia mi ritrovai a terra. Che diavolo era successo? Mi avevano sparato a un braccio e alla schiena. Rendendomi conto di essere stato colpito, fui preso dal panico. La mia spavalderia era svanita in un attimo. Gettai via la pistola e iniziai a urlare chiedendo aiuto. Ma il ragazzo che mi aveva colpito, ora voleva finirmi. Sentii la canna dell’automatica puntata dietro la testa. Grazie a Dio riuscii a spostargli la mano. Lui non si arrese. Si spostò di fronte a me e mi sparò un colpo dritto in bocca. Non dimenticherò mai i suoi occhi, in quel momento non avevano niente di umano. Sangue e denti mi schizzarono fuori dalla bocca. Il proiettile, attraversata la gola, aveva raggiunto i polmoni e non riuscivo a respirare. Avevo paura di morire. Salomon, Anthony e Gary si erano dileguati. Nessuno dei miei cosiddetti amici mi venne in aiuto. Disperato, per istinto di sopravvivenza, mi misi a pregare. Cristo salvami! Signore aiutami a restare vivo! Mi ascoltò. Uno dei suoi angeli in Terra venne a prendersi cura di me. Più tardi seppi che si trattava della vicina di casa di Anthony. La donna era uscita in strada, aveva urlato mettendo in fuga i Bloods e poi mi aveva soccorso. Incurante del pericolo che correva mi aveva stretto a sé, aveva cercato di tamponare le ferite e aveva atteso, senza lasciarmi un momento, l’arrivo dell’ambulanza. Non aveva obbedito neanche alle grida degli agenti di polizia accorsi, che le intimavano di allontanarsi. Infatti, per regolamento, in caso di sparatorie, la polizia deve vigilare ad armi spiegate senza potersi avvicinare al ferito. Blocca anche i soccorsi finché non è certa che l’area è sicura. Io non ho visto l’ambulanza arrivare, ho soltanto chiuso gli occhi, cullato da quell’angelo sbucato dal nulla, proprio quando ormai avevo affidato la mia anima a Dio. Oggi vivo su una sedia a rotelle, paralizzato dalla vita in giù. Dopo tutto, sono stato fortunato visto che sono ancora qui a raccontare quello che mi è successo. Dexter McDaniel II
Data recensione: 13/10/2008
Testata Giornalistica: La Nazione
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