chiudi

La serie completa delle “germinazioni”, assieme ad altre opere inedite, saranno per la prima volta esposte assieme nella mostra Everywhere the same must-go-bag. Le opere esposte nelle sale del Macn – Villa Renatico

La serie completa delle “germinazioni”, assieme ad altre opere inedite, saranno per la prima volta esposte assieme nella mostra Everywhere the same must-go-bag. Le opere esposte nelle sale del Macn – Villa Renatico Martini percorreranno le tappe più recenti del lavoro dell’artista Leone Contini: dal video Seeding diary che documenta l’azione svoltasi a New York nel dicembre 2007, ad un intervento installativo che modificherà il percorso codificato nelle sale del Museo, fino ad un opera interattiva che coinvolgerà lo spettatore rendendolo parte attiva nella produzione della mostra.
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione e da due incontri aperti al pubblico ai quali parteciperanno l’artista, il curatore e l’antropologo Pietro Clemente.

Il lavoro di Leone Contini si colloca in costante prossimità della ricerca etnografica che lo porta a fare del proprio lavoro una forma di interazione con delle immagini archetipiche in un determinato contesto culturale. Ma, a differenza della ricerca etnologica “tradizionalmente” intesa, l’opera dell’artista traduce la sua attitudine etnografica in una forma di ‘cura’ e ‘riscatto’ che modifica gli archetipi che utilizza. È così che nell’opera Seeding diary, realizzata nel corso di una residenza ad Harlem, l’artista si appropria di una custodia di un sax abbandonata in strada e fa di questa il proprio punto di vista, e di decostruzione, sui processi di significazione e di mercificazione degli oggetti. Trasformando la custodia nell’alveo che accoglierà una germinazione, l’artista diventa autore e osservatore di un processo di nuova significazione dell’oggetto abbandonato. Una forma di riscatto di oggetti obliati dalle logiche del consumo che si intreccia con i confini di inclusione/esclusione sociale nell’opera Kineska torba - Garden for Traveler. Qui l’artista, in linea con la sua ricerca etnografica, fa proprio un oggetto dai molteplici significati per “sospenderne” il giudizio. Kineska torba è una borsa in nylon intrecciato leggera, capiente, resistente e poco costosa, spesso utilizzata dai migranti per trasportare le proprie cose nel corso dei viaggi. Descritta come sempre stracolma di cose, questa borsa viene indicata con nomi differenti a seconda del luogo in cui viene usata: in Ghana, è nota come "Ghana-must-go-bag”; in Germania è "Tuerkenkoffer" (borsa turca) o “Polnische Koffer” (borsa polacca); in America, il "Chinatown tote"; nel Guyana come "Guyana Samsonite"; in Israele ha un nome traducibile con “Borsa nell’immigrazione russa” e altrove, come la "Borsa del Bangladesh " o la "Borsa dei rifugiati ". La borsa, per la sua immagine di semplice funzionalità, diventa sempre la borsa degli altri rispetto ad un ipotetico “noi”. Nell’opera l’artista sospende i significati – ed il giudizio – dell’oggetto, non per cancellarli, ma per farsi, attraverso la germinazione, ancora un volta guardiano e scopritore di una storia già scritta.
Altre due opere in mostra si confrontano con lo spazio storico ed architettonico del Museo e con il suo spazio sociale. Un’opera “germinante” sarà installata in uno spazio inedito del Museo portando a riconsiderare la struttura architettonica e funzionale del palazzo ottocentesco; l’altra coinvolgerà direttamente gli spettatori chiedendogli di farsi autori a loro volta autori dei processi di ‘riscatto’ e ‘cura’ avviati dall’artista.
Data recensione: 17/10/2008
Testata Giornalistica: Teknemedia
Autore: ––