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Il ‘caso’ letterario suscitato pochi mesi fa dalla pubblicazione dell’autobiografia scritta dal semianalfabeta Vincenzo Rabito (Terra matta, Torino, Einaudi, 2007) ‘ragazzo del ‘99 partito dalla natia Sicilia per le terre

Il ‘caso’ letterario suscitato pochi mesi fa dalla pubblicazione dell’autobiografia scritta dal semianalfabeta Vincenzo Rabito (Terra matta, Torino, Einaudi, 2007) ‘ragazzo del ‘99 partito dalla natia Sicilia per le terre del Nord, ha attestato, una volta in più, come il racconto, l’autobiografismo, la stesura di diari di guerra , le testimonianze di cosa si vedeva e si viveva là in trincea, rivestano a tutt’oggi un ruolo del tutto peculiare non solo all’interno della comunità scientifica egli storici ma anche presso l’opinione pubblica italiana. Nella lettura dei diari di guerra sia avverte come primaria, l’urgenza di lasciare traccia e memoria di una vicenda storica che, alla stregua di un’enorme voragine, ha inghiottito vissuti, esperienze, ricordi, di migliaia di soldati. Contro questa ‘officina’ del massacro, i protagonisti di quegli eventi hanno opposto una resistenza particolare che è stata la scrittura di diari personali, vettori comunicativi di frammenti biografici altrimenti indicibili. I taccuini redatti nel corso della Prima guerra mondiale conoscono da molto tempo una nutrita letteratura storiografica e letteraria che ha definito, sistematizzato ed elaborato interpretazioni mature in merito a questa ferita della storia, indagata a partire da fonti soggettive e private.Perché dunque pubblicare l’ennesimo diario di guerra di un soldato toscano, storico di formazione, come quello di Romualdo Caldarelli? I motivi sono spiegati nella sintetica Introduzione di Zeffiro Ciuffoletti e nel più ampio saggio La guerra di Romualdo Caldarelli. Due anni in prima linea di Christian Satto che riflettono sulla vicenda particolare dell’autore connettendola al contesto più generale in cui questo taccuino è stato scritto. Le vicende biografiche si intersecano e si alternano ai grandi avvenimenti storici, i ricordi dei sapori e volti familiari, evocati in maniera poetica nelle pagine più toccanti del volume, si uniscono al racconto di trincea, dei compagni morti sotto i propri occhi, dei patimenti fisici e psicologici di quei due anni passati in prima linea . Il logoramento dell’Io narrante si situa in quella contraddittorietà mai sanata dal dovere patriottico di servire l’Italia e l’intelligibilità di un massacro continuo di vite che resterebbero mute se non vi fosse chi vuole trattenere quei nomi in un diario, in un taccuino, in una lettera privata spedita a dei parenti lontani. E’ quest’esperienza limite ed estrema che ha indotto persone come Rabito, Caldarelli e altri molti ancora a ripercorrere la strada di un genere letterario nato senza tradizione, di una scrittura che nasce suo ‘malgrado’, come ebbe a dire Ungaretti a proposito della sua produzione poetica e della sua esperienza bellica. La guerra sembra annullare, leggendo le pagine di Caldarelli, le differenze di provenienza geografica, culturale, sociale di lui e dei suoi compagni; era un’illusione come ora sappiamo. Di fatto, dal diario emergono i tratti di una guerra vissuta, come un’esperienza di morte contro cui combattere non solo con le armi ma anche attraverso lo scrivere parole che, fissate sulla pagina bianca del proprio diario, assicurano quel senso di eternità che sta alla base di ogni scrivere, di ogni raccontare.  Elena Mazzini
Data recensione: 01/04/2008
Testata Giornalistica: Archivio Storico Italiano
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