chiudi

È dedicato al gioco e alla sua “filosofia” – in rapporto alle “cose serie” del mondo – il nuovo numero della rivista trimestrale Doc, diretta da Riccardo Monni, in uscita domani per le Edizioni Polistampa. Articoli, inchieste, contributi – tra gli altri d

È dedicato al gioco e alla sua “filosofia” – in rapporto alle “cose serie” del mondo – il nuovo numero della rivista trimestrale Doc, diretta da Riccardo Monni, in uscita domani per le Edizioni Polistampa. Articoli, inchieste, contributi – tra gli altri di Sergio Givone, Inferno e paradiso, ma la vita senza di lui è proprio insopportabile, e Giuseppe Mammarella Il gioco del ‘se’ che cambia la Storia- racconti e interviste. Tra i personaggi intervistati Lucia Poli, Alessandro Bergonzoni, Stefano Bollani, Alba Donati e Renzo Arbore. E proprio dell’intervista ad Arbore anticipiamo alcuni brani.

Arbore, parliamo di gioco. Lei è collezionista caotico di oggetti e gadget in plastica di ogni genere. Quando è nata questa passione?«Colleziono prodotti della fantasia. Raccolgo da sempre oggetti insoliti di design, mi affascinano perché sono venuti fuori dalla mente di inventori che hanno creato e costruito dando retta alle più immaginifiche suggestioni. Mi piace la plastica perché è un materiale duttile, morbido, che può essere illuminato da dentro e da fuori. Ho borsette anni Trenta, radio che risalgono agli anni Quaranta, montature per occhiali, articoli per toilette, orologi da tavola, temperalapis, frullatori, elettrodomestici in miniatura. E potrei andare avanti a elencare per ore...» Tra teatrini meccanici e orologi a cucù, tra cazzabuboli e fragnaccette, quali pezzi risaltano nella sua collezione?«L’elenco, come ho detto, è lungo. Ci sono cappelli, gilet, vinili, juke-box, soprammobili e mobili, occhiali, phon degli anni Cinquanta, scarpe brasiliane e russe. La mia collezione è vastissima, tutto affastellato e disordinato, molti oggetti nel tempo sono diventati elementi di storia del design e hanno acquistato valore, altri, invece, non valgono molto. Io amo definirli gadget, ovvero piccole cose, accessori curiosi e originali, di scarsa utilità pratica». (...) Ci parli dei gadget. Ne possiede migliaia.«Quelli sono interessanti. Ho, per esempio, una bellissima chitarrina che in realtà è un telefono comprato a Hollywood. Un po’ scomodo ma divertente. Alcuni mi dicono: “Arbore, ma perché compri la forchetta di plastica con la manovella per girare gli spaghetti?”. E io rispondo “Primo perché funziona e io la uso benissimo, poi perché non gioco ai cavalli, non gioco a carte e allora fatemi almeno compra’ la forchettina con la manovella che mi diverte tantissimo” (...)». Arriviamo al nocciolo di questa intervista: il rapporto tra il gioco e la vita.«Per me è stato ed è intenso. Ho passato la vita a giocare, a inventare e a creare giochi. Ho spostato la filosofia della goliardia che secondo me si sintetizza con i famosi versi: “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”. Ma la goliardia nella mia storia non ha mai fatto rima con superficialità. Ho sempre preso con ironia tutto quello che accadeva, senza mai pensare “Il mondo va così, chi se ne frega”. E così il gioco è entrato nelle mie trasmissioni, nella mia vita, come risposta, come improvvisazione, come scherzo (...) Un gioco interessante era “Svegliati e vinci”. Era divertente perché svegliavamo le persone di notte e li catapultavamo in una vera e propria trasmissione radiofonica finta. Rispettavamo tutta la liturgia della radio, aprivamo con la sigla, poi c’era il presentatore, gli ospiti d’onore, il gong, il pubblico finto». Spieghi meglio.«Chiamavamo a far parte di questo cenacolo i cosiddetti addetti ai lavori, che praticamente erano vittime di un vero e proprio gioco “candid”. Erano tutti registi della Rai, presentatori, insomma gente del settore e li facevamo concorrere a questo quiz notturno assolutamente improbabile. Questi poveretti rispondevano assonnati e increduli a domande assurde. Il presentatore ufficiale era Max Catalano, che però non era ancora famoso per ciò che avveniva molto prima di “Quelli della notte” (1985). Allora lui aveva un nome d’arte, Tony Russo, poi c’ero io che rendevo credibile la cosa perché ero Arbore. Poi spesso c’erano anche altri ospiti d’onore come Paolo Villaggio, Mal dei Primitives. Così andavamo avanti tutta la notte...».
Data recensione: 07/07/2008
Testata Giornalistica: QN / Il Resto del Carlino / La Nazione / Il Giorno
Autore: ––