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Giorgio La Pira, “il siciliano cittadino del mondo”, al cui intenso e appassionato lavoro di operatore di pace, nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, ancora oggi è necessario far riferimento, fu un fecondo scrittore di

Il “pellegrino della pace” girava il mondo ma restava attaccatissimo alle sue radici sicilianeGiorgio La Pira, “il siciliano cittadino del mondo”, al cui intenso e appassionato lavoro di operatore di pace, nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, ancora oggi è necessario far riferimento, fu un fecondo scrittore di lettere. Da metà degli anni Cinquanta a metà degli anni Settanta La Pira scrisse al sovrano del Marocco, a re Hussein di Giordania, all’egiziano Nasser, alla premier israeliana Golda Meir, al presidente della Repubblica italiana Giovanni Gronchi, ad Amintore Fanfani ed ai leader più prestigiosi e riconosciuti di quell’epoca in Italia e all’estero. A tutti questi leaders La Pira suggeriva un “metodo concreto” per ricercare la pace e porre fine ai conflitti, con un’ingenuità apparente ma una efficacia di ragionamenti che spesso colpiva. Da quelle lettere si intuisce che il leader cattolico, che fu poi sindaco di Firenze, immaginava il Mediterraneo come un laboratorio del nuovo ordine internazionale destinato a superare le barriere politiche, economiche, religiose, etniche e culturali. La Pira, nei suoi numerosi viaggi, si presenta dovunque come “pellegrino della pace” e si concentra maggiormente, nella sua opera volta alla pacificazione, sul difficile conflitto arabo-israeliano. I tanti documenti pubblicati dopo la sua morte testimoniano l’esistenza di una vera e propria diplomazia inedita e sotterranea di quest’uomo e intellettuale straordinario. Ma ci sono aspetti privati, della sua fitta corrispondenza, che ancora non erano conosciuti. Si tratta di lettere che custodiscono il suo passato privato e soprattutto il rapporto con i parenti di Sicilia. Pensieri, eventi, gioie, sofferenze, emergono dalle lettere adesso riunite e pubblicate nel libro “Giorgio La Pira: lettere agli zii” ( a cura di Luigi Rogasi, Edizioni Polistampa, pagine 280, euro 16). Il libro raccoglie diverse lettere e alcune cartoline scambiate tra l’uomo politico messinese e la sua famiglia che risalgono al periodo che intercorre tra l’arrivo di La Pira a Firenze e l’inizio della guerra. Sono ben sessanta missive conservate dalla famiglia Angelino, dai figli della sorella Peppina, finora inedite. Il senso di questo libro va al di là di una documentazione storica, pur importante, su un periodo della vita di La Pira e risiede soprattutto nel valore del dialogo affettuoso che intercorre con la famiglia d’origine, in particolare la zia Settimia, con la quale il rapporto è filiale. Le lettere confermano la diffusa consapevolezza della statura della persona che il carteggio adesso pubblicato contribuisce a farci meglio conoscere. La quotidianità della vita, le piccole testimonianze del profondo attaccamento di questo siciliano che gira per il mondo e rimane legatissimo alla propria terra e alle proprie radici diventano, nelle lettere ai familiari, un insieme che fa emergere la profonda spiritualità che brilla nella vita del sindaco di Firenze: il sindaco santo che viveva in una spoglia cameretta di stile monacale. Luigi Rogasi, pozzallese come La Pira, come lui trasferitosi in Toscana in età giovanile, membro di una famiglia legata da sempre alla famiglia La Pira e affezionato cultore dell’eredità lapiriana, dice che la corrispondenza inedita adesso fatta conoscere con la pubblicazione del libro rappresenta un “regalo” del tempo, una testimonianza preziosa più che mai, perché appartiene ad un personaggio così difficile da imitare, ma tanto facile da amare. Giorgio La Pira appartiene infatti alla schiera dei grandi uomini che hanno contribuito a scrivere la storia del Ventesimo secolo, senza usare le armi, con la parola, con l’esempio e con la preghiera. Divise in tre parti, secondo gli anni di riferimento, le lettere abbracciano tutto l’arco della vita di La Pira, che dopo le scuole elementari a Pozzallo si trasferì nel 1913 a Messina, a casa dello zio Luigi Occhipinti, fratello della madre, l’uomo che per primo intuì le capacità e la vivacità dell’intelligenza del giovane La Pira e lo fece studiare, seguendolo fino agli anni dell’Università. Dalla corrispondenza con i familiari emerge il La Pira nuovo, quello della fede ritrovata e dedito ad amare evangelicamente il prossimo. Un La Pira completamente diverso dal giovanissimo sedicenne dalle aperture mentali a tutto campo e dalle derive atee e anarchiche alle quali non fu indenne e che anzi per un certo periodo accettò con l’entusiasmo dell’età.
Data recensione: 03/07/2008
Testata Giornalistica: Gazzetta del Sud
Autore: Domenico Nunnari