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Sfogliare le pagine di questo libro è come andare a «rufolare» in soffitta, aprendo a caso decine di scatole polverose seppellite in mezzo a mille oggetti: foto, cartoline, lettere, diari appaiono

Un libro rivela la «geografia sentimentale» che segnò il compositore.
Da Torre del Lago all’Abetone: foto, cartoline, lettere raccolte da Lubrani e De Ranieri nel volume Polistampa

Sfogliare le pagine di questo libro è come andare a «rufolare» in soffitta, aprendo a caso decine di scatole polverose seppellite in mezzo a mille oggetti: foto, cartoline, lettere, diari appaiono alla vista col loro carico di imprevedibili curiosità, con quella patina di ricordi che le ricopre e quel sapore di un passato immobilizzato come se fosse una delle vittime di Pompei… C’è quasi una frenesia all’inizio che si impossessa di noi: si apre alla rinfusa senza dare troppo peso ai contenuti, travolti dalla curiosità di vedere che c’è più che di capire cosa c’è; poi, piano piano si è rapiti da quelle immagini lontane piene di atmosfere e ci si incanta davanti ad una foto o un gingillo rapiti dai pensieri che questi oggetti così lontani da noi nel tempo ma vicini nel cuore, sanno evocare. Questa è la prima sensazione che il volume Giacomo Puccini luoghi e sentimenti (Edizioni Polistampa) di Oriano De Ranieri e Mauro Lubrani, due valenti giornalisti toscani, ci dà; una sensazione gradevole, familiare almeno per chi è avvezzo a curiosare tra le carte e tra gli oggetti, tra chi è «vittima» dei mercatini dell’artigianato, di chi si lascia conquistare da quelle bancarelle di libri antichi e usati che ancora, anche se sempre più raramente, si fanno trovare nelle città. E come potrebbe essere altirmenti? Su Puccini è stato scritto di tutto o quasi, milioni di pagine di storia, analisi critica e musicologia, gossip, e quant’altro da scrittori di ogni genere, famosi e non.

Diventa quindi difficile aggiungere qualcosa che potesse almeno apparire originale in questo florilegio di scritti sul grande compositore lucchese: questo qualcosa crediamo invece sia stato trovato dai due autori, entrambi giornalisti «storici» di una delle più antiche testate toscane, che hanno pensato bene di accompagnare il lettore in un breve ma intenso viaggio intorno e dentro il personaggio Puccini utilizzando i luoghi toscani dove è vissuto ed eveidenziando piccoli cammei della sua vita privata perfettamente incastonati nella sua dimensione di artista, di uomo di successo, di grandissimo e ineguagliabile interprete del melodramma italiano. Dagli anni della sua fanciullezza fino alla sua morte, gli autori ci mostrano aspetti poco noti della sua vita soffermandosi molto, e opportunamente, sull’importanza che il Maestro attribuiva a certe località dove amava stare per periodi più o meno brevi, in funzione delle esigenze professionali o per diletto. Ogni luogo descritto è, in qualche modo, per Puccini, «luogo dell’anima», sia che si trattasse di Mutigliano dove giovanissimo svolgeva attività di organista e direttore del coro, che di Lucca, sua amata-odiata città natale, dell’Abetone dove, andando quasi ogni anno a trascorrere il periodo più caldo dell’estate, acquistò un villino «…sono rimasto soddisfatto dell’Abetone e sono contentissimo… la casina è un amore e ci è invidiata da tutti, un po’ solitaria ma a noi non dispiace…», o di Bagni di Lucca dove soleva andare fin da adolescente frequentando il teatro Accademico della Villa, il Casinò e la Sala Ducci di Ponte a Serraglio dove suonava il pianoforte in orchestrine da ballo per raggranellare poche lire necessarie ai vizi e dove, da adulto, nell’albergo Continentale, lavorò al secondo atto della Fanciulla del West.

Luoghi dell’anima dicevamo poiché in ognuno di essi potevano vivere in armonia con l’ambiente e i luoghi una o più parti di lui, sottraendolo agli obblighi di quelle formalità che il suo ruolo di celebrità gli imponeva. E che dire di Torre del Lago dove si stabilì nell’estate del 1891 insieme a Elvira, Fosca e Antonio. Un paese di poche case ed un centinaio di abitanti: «…paesaggio di sogno per gli amanti e per gli artisti, dove tutto appare morbido e tenue allo sguardo, dove, quando le luci si combinano in certi modi e le colorazioni assumono alcuni aspetti, sembra di vivere in paese d’Oriente…» scrisse il pittore Guido Marotti. E lo stesso Puccini, forse con meno poesia e più ironia, lo decantò così in una sua lettera da Londra «…Torre del Lago, gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, ‘turris eburnea’, ‘vas spirituale’, reggia… Paese tranquillo, padule immenso, tramonti lussuriosi e straordinari. Aria maccherona d’estate, splendida di primavera e d’autunno…». È lì che ora riposa dopo averci vissuto col cuore ogni momento della sua esistenza, dopo aver composto centinaia di pagine di musica, dopo aver assaporato il piacere di una libertà assoluta fatta di caccia, di buoni amici, di corse in motoscafo e di momenti di grande struggimento.

Il libro è «tutto qui», o meglio il libro per fortuna è «tutto qui»: un delicato acquerello del Maestro, due parole a bassa voce, tra amici, per ricordarlo senza disturbarlo. Un «libro onesto» come direbbe Puccini, che ha la pretesa, e ci riesce, di incuriosire il lettore e far venire qualche nostalgia per quei luoghi e per quei tempi e il desiderio di conoscerli meglio per conoscere meglio, anche attraverso questi, il compositore di quelle pagine immortali che i teatri di tutto il mondo mantengono vive rappresentando in mille edizioni diverse e con diversi cantanti, le sue opere, eredità imperitura di un uomo che aveva cercato la semplicità anche quando il successo e il benessere gli offrivano altre opportunità.
Data recensione: 14/08/2005
Testata Giornalistica: Il Giornale
Autore: Stefano Mecenate