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«Non capisco queste reazioni così violente: il mio è soltanto un piccolo libro nato da una conferenza che avevo tenuto l’anno scorso alla Certosa di Firenze. In questa conferenza avevo

L’«Avvenire» stronca un saggio che interpreta alcune celebri opere d’arte come misteriose allusioni all’antico ordine cavalleresco.

I quadri trecenteschi con la «Vergine del parto» conterrebbero una simbologia esoterica.


«Non capisco queste reazioni così violente: il mio è soltanto un piccolo libro nato da una conferenza che avevo tenuto l’anno scorso alla Certosa di Firenze. In questa conferenza avevo esposto ad un gruppo di amici alcune mie teorie basate comunque su una serie di elementi certi. Accetto le critiche, ma non avrei però voluto sentire tutto quell’astio nelle parole del parroco e dell’Avvenire. Oltretutto sono un cattolico osservante».
Così il fiorentino Renzo Manetti, studioso di architettura e di iconologia, ribatte alle accuse ripetutamente lanciate al suo breve saggio dal titolo Le Madonne del Parto. Icone templari (Polistampa, pagine 40, € 7). Nel libro Manetti espone, in particolare, una sua ipotesi: le immagini delle Madonne incinte, che compaiono in Toscana pochi anni dopo la soppressione violenta dell’Ordine dei Templari nel 1513, non sarebbero altro che la rappresentazione ideale delle confraternite templari disperse. In partica, secondo lo studioso fiorentino, «come nel seno delle Madonne del Parto si occulta il Verbo, in attesa del tempo per manifestarsi, così gli eredi dei Templari celavano il proprio segreto, aspettando una nuova tolleranza». Un percorso che, idealmente, condurrebbe da Firenze a Monterchi, dalla Madonna di Taddeo Gaddi della Chiesa di San Francesco da Paola alla Madonna del Parto di Piero della Francesca.

Quella di Manetti è un’ipotesi, più o meno opinabile, come tante altre. Quello che sorprende è, invece, la reazione di alcuni ambienti cattolici, in qualche modo sconvolti dalla possibilità che questo libretto possa scatenare un effetto Codice da Vinci creando, a sua volta, un Codice Piero (naturalmente della Francesca).Per difendersi da questa ipotesi (a quanto pare terrificante), il parroco della chiesa dove si conserva la Madonna di Taddeo Gaddi, Don Giovanni Alpignani, è stato così trasformato dall’Avvenire di ieri «in un antico cavaliere costretto a rintuzzare le visite di strani turisti, che incrocia le lame del dibattito con l’architetto esoterico e che affida le sue risposte ad un saggio di quindici pagine che apparirà in un prossimo numero della rivista teologica diocesana». Manetti fa, oltretutto, parte del comitato di direzione della rivista Il governo delle cose diretta da Franco Cardini, una delle firme più eminenti dell’Avvenire. E se queste sono le reazioni a questo libriccino, chissà cosa potrebbe succedere quando, dopo l’estate, uscirà (sempre da Polistampa) il nuovo libro di Manetti (titolo Beatrice e Monna Lisa), libro che dovrebbe approfondire ulteriormente «l’interpretazione simbolico-esoterica» già esposta nelle Madonne del Parto.

La Madonna incinta è una «tipologia» che viene fatta risalire alla cosiddetta icona bizantina della Maria platytera (platytera significa più ampia, paragonata ai cieli ed il titolo ha una valenza cosmica) che «appare in piedi, con le mani in preghiera, sul petto un clipeo che contiene l’immagine del bambino benedicente, in posizione assiale con la Madre, senza rapporto organico con essa e a mezzo busto». Questa stessa immagine, che in qualche modo accompagnerebbe il fiorire dell’Umanesimo, sarebbe stata scelta anche da una delle tante confraternite che a Firenze, nascondendosi dietro la facciata di un ordine monastico, custodivano i «segreti» dei Templari. La confraternita sarebbe stata quella dei Girolamini, nata appena dopo la soppressione dell’Ordine del Tempio e che avrebbe acquisito la Madonna del Parto di Taddeo Gaddi attualmente conservata a Bellosguardo. Per Manetti, il fondatore dei Girolamini sarebbe stato addirittura un Templare «sopravvissuto» mentre il Boccaccio sarebbe stato talmente vicino ai Girolamini «da lasciare in eredità tutti i propri averi a loro, confraternita in qualche modo periferica». E innegabile, sempre per Manetti, sarebbe che «il sapere dei Templari fosse sopravvissuto nel circolo dei Fedeli dell’Amore» e che in questo ideale circolo virtuale finiscano per ritrovarsi, oltre a Boccaccio, le poesie del Dolce Stilnovo, la Venere e la Primavera del Botticelli, la Cupola di Santa Maria del Fiore di Brunelleschi e naturalmente lo stereotipo delle Madonne incinte (il cui ultimo esempio sarebbe stata appunto la celeberrima Madonna del Parto di Piero). Tutti in qualche modo «infarciti» di una simbologia di cui fanno parte anche il libro che la Madonna di Taddeo Gaddi tiene in mano (rappresenta la sapienza non ancora manifestata dei Templari) e i colori delle vesti della Vergine ( il rosso e il bianco sono invece segno di distinzione dei Fedeli d’Amore).

Il parroco di Bellosguardo ha più volte invitato a «non riscrivere la storia dell’arte e la letteratura attraverso piste esclusivamente esoteriche», e per farlo ha chiamato in campo il sovrintendente al Polo Museale Antonio Paolucci che avrebbe sottolineato come il messaggio religioso della Madonna del Parto è «il suo essere sede del Verbo incarnato, tabernacolo del corpo di Cristo e quindi, per traslazione simbolica, figura della Chiesa e madre di tutti i credenti». Ma, soprattutto, ha citato La Storia dei Templari di Malcolm Barber e in particolare il passo dove si dice che «l’Ordine del Tempio è stato utilizzato da coloro che hanno formulato teorie cospiratorie, sia conservatrici che progressiste, da romantici in cerca di un passato medievale ormai perduto, da ciarlatani volti a trarre profitto dalla credulità degli ingenui». In che modo? Magari scrivendo un libriccino di appena quaranta pagine.
Data recensione: 29/06/2005
Testata Giornalistica: Corriere della Sera
Autore: Stefano Bucci