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"Tornato da Monterosso ho trovato la tua, nella quale amichevolmente ti stupisci che io non condivida il tuo entusiasmo; io invece lo capisco, per te si tratta, in qualche modo, di un ritorno alle lettere. Ma io che

FIRENZE aise - "Tornato da Monterosso ho trovato la tua, nella quale amichevolmente ti stupisci che io non condivida il tuo entusiasmo; io invece lo capisco, per te si tratta, in qualche modo, di un ritorno alle lettere. Ma io che ci sto infognato da sempre senza guadagnar neppure tanto da vivere da solo, come pur vivo, non dovrei stupirmi che tu non capisca il mio torpore? In vent’anni gli "amici" (non parlo di te) mi hanno mai offerto qualcosa di decente? Dappertutto porte chiuse, e così continuerà". Sono parole che Eugenio Montale scrisse il 29 ottobre 1942 a Giacomo Debenedetti, in una lettera finora inedita pubblicata da Polistampa nel volume "Letteratura, biografia e invenzione. Penna, Montale, Loria, Magris e altri contemporanei", che raccoglie contributi critici elaborati in circa vent’anni di studio da Elena Gurrieri (pp.328, euro 18).
Delle trentotto lettere e cartoline inviate dal poeta al critico tra il 1922 e il 1947 solo quattordici erano state rese pubbliche fino ad oggi. Il volume riporta l’intero epistolario, in modo da chiarire finalmente i momenti salienti del sodalizio con Debenedetti, già noto nella sostanza ma non in tutte le sue fasi, sviluppatosi intorno ad eventi decisivi per ambedue i protagonisti come la pubblicazione degli Ossi di seppia o l’edizione di Amedeo e dei Saggi critici.
Nel corso degli anni emerge un sempre più forte coinvolgimento, i comuni interessi letterari (Svevo, Larbaud, Proust, Radiguet, Joyce, Saba e così via), come pure piccole incomprensioni ed equivoci. Spesso il poeta si lascia andare a confessioni e sfoghi personali, lamentando disagi economici o meschinità del mondo letterario, come nella lettera citata in apertura o in quella del 24 settembre 1942, in cui si legge: "Caro Giacomino, se tu mi capissi (e puoi farlo) mi daresti ragione. Il guaio è che nessuno s’è mai figurato – neppure alla larga – come ho vissuto io finora".
L’epistolario tra Montale e Debenedetti fa inoltre luce sulla società letteraria degli anni Venti-Quaranta del nostro Novecento. Accanto ad esso l’autrice raccoglie pure gli Indici di "Mercurio" (1944-1948), la rivista diretta a Roma da Alba De Cèspedes, fino ai testi rari o inediti di Sandro Penna e Arturo Loria.
Quanto all’analisi critica dei testi, la Guerrieri presta attenzione a figure capitali del panorama letterario italiano, scegliendo di preferenza l’indagine su aspetti meno noti di alcuni classici della nostra contemporaneità, da Saba a Palazzeschi e ancora a Penna, Calvino, Bigongiari, Meneghello, Virgillito e Magris. "Centrali e di straordinario interesse", afferma Ernestina Pellegrini in una sua nota all’edizione, "sono gli studi su Sandro Penna, di cui si mette a fuoco la particolare e struggente "estetica della povertà", parlando della straripante energia psicofisiologica emergente dal grado sensoriale dell’esperienza per depositarsi distillatissima in versi luminosi e leggeri (direbbe Nabokov, "fatti di sughero")".
Da segnalare anche le pagine che la stessa Pellegrini definisce "letture di letture", saggi in cui la Guerrieri legge Pasolini che a sua volta legge Penna o commenta Enza Biagini che interpreta Bigongiari.
Ed infine le pagine "extra-vaganti" e fiorentine sul "Gabinetto G.P. Vieusseux" oppure in memoria di un critico proteiforme come Luigi Baldacci, per concludere con una cronaca per il IV centenario della morte di santa Maria Maddalena de’ Pazzi, celebrato a Firenze nel 2007. (r.b.aise)
Data recensione: 29/01/2008
Testata Giornalistica: Aise
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