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Villa Renatico Martini nel 1990 aveva ospitato la mostra «Luoghi scolpiti tra realtà e utopia. Una riflessione sulla produzione dello scultore Giò Pomodoro». L’occasione era servita anche a far maturare l’idea di un intervento

Villa Renatico Martini nel 1990 aveva ospitato la mostra «Luoghi scolpiti tra realtà e utopia. Una riflessione sulla produzione dello scultore Giò Pomodoro». L’occasione era servita anche a far maturare l’idea di un intervento di Pomodoro – scomparso nel 2002 a 72 anni – sulle cave di Monsummano, che si concretizzò soprattutto nel 1993/94, quando il celebre artista marchigiano di nascita e milanese d’adozione fu invitato a elaborare sulle cave di pietra abbandonate il suo luogo scolpito ideale. Nel dicembre 2006 al Museo di arte contemporanea e del Novecento sono state esposte le tavole dei progetto di Giò Pomodoro. Questa esperienza creativa, che offre infiniti spunti per applicazioni concrete sul territorio, è diventata un ottimo libro freschissimo di stampa e curato da Caterina Zappia (la quale firmò anche la mostra del ’90), dal titolo «Le cave di Monsummano. L’ultima utopia di Giò Pomodoro» (Edizioni Polistampa, 2008). Il volume propone una rassegna delle tavole autografe con le quali lo scultore-architetto dà una chiara idea della possibile trasformazione dell’ambiente, così degradato nel recente passato dall’attività di sfruttamento, in area per spettacoli e grandi iniziative, costellata da opere d’arte en plein air. «I percorsi – si legge nel capitoloUnprogetto per le cave – sono segnati da emergenze verticali, in armonico dialogo con la natura circostante e con gli elementi orizzontali del paesaggio. Quanto ai materiali, l’artista adopera, lasciandolo però il più possibile allo stato grezzo senza lisciature o lucidature, il marmo rosso e quello grigio provenienti dalle due cave, utilizzando i massi caduti, la parete e la platea di ciascuna cava, ma anche facendo temporaneamente riaprire il cantiere, per rendere più armonici e sicuri gli squarci e servirsi così anche di materiali in tal modo ottenuti». La lettura del libro convince insomma una volta di più che l’ingegno umano, specie di menti alte come quella di Pomodoro, è in grado di piegare al bene e al bello anche gli aspetti meno esaltanti della realtà. Così, da spazi per decenni ritenuti elementi di disturbo del paesaggio, si possono ricavare ricchezze inimmaginabili per la comunità. Certo, i progetti esprimono solo potenzialità, ma è questa la preziosa eredità lasciata da Pomodoro a Monsummano. In una cava potrebbe così nascere un piano attrezzato per l’esposizione di sculture e costruzioni di sogno, con cui disseminare anche i percorsi d’accesso. Nell’altra cava un grande anfiteatro che sfrutti l’acustica della immensa parete. L’argomento meritava simile opera. Un plauso all’autrice e a Polistampa.  
Data recensione: 31/01/2008
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Marco A. Innocenti