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L’arlecchino nudo

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Qt

L’arabo lo chiamò grande fiume.
Vandaluso lo storpiasti in Guadalquivir.
Ascoltavate sorpresi un
cante jondo
nei cortili ombrosi di case gitane
– dona Candela con la sua pezzuola
apriva il sangue della prima notte –
pervasi, poi, da battiti sensuali di flamenco.
Il moro, il vandalo, l’ebreo, il gitano
magri di cintola,
jinetes de la vida,
guardano la liquida lama che passa sotto la luna
e li sfiora, in un brivido, come corna di toro.
Non e Torah, Allah o Trinita,
la parola che affabula la vita:
la speranza e per chi la vive.
Si quietano i grilli e ascolto il silenzio.

L’arabo lo chiamò grande fiume.
Vandaluso lo storpiasti in Guadalquivir.
Ascoltavate sorpresi un
cante jondo
nei cortili ombrosi di case gitane
– dona Candela con la sua pezzuola
apriva il sangue della prima notte –
pervasi, poi, da battiti sensuali di flamenco.
Il moro, il vandalo, l’ebreo, il gitano
magri di cintola,
jinetes de la vida,
guardano la liquida lama che passa sotto la luna
e li sfiora, in un brivido, come corna di toro.
Non e Torah, Allah o Trinita,
la parola che affabula la vita:
la speranza e per chi la vive.
Si quietano i grilli e ascolto il silenzio.

Polistampa, 2008

Pagine: 216

Caratteristiche: br.

br.

Formato: 15x21

ISBN: 978-88-596-0515-7

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