Enzo Agostino

“Un poeta metafisico e financo mistico, oltre la fisicità panica della prima lettura. Versi stupendi, pregni, fecondi, lunghi da decifrare e ripercorrere, per il tanto che presuppongono e racchiudono. Grande poesia in poche poesie: non si smette di rileggerle, per decriptare l’anima che – anche negli stralci meravigliosi delle lettere – si rivela profondissima, dolente di mille sfumature, imprigionata in tempo e memoria, che sono però anche veli che svelano” (L.A. Magnini Vallini).

“Il tempo, i luoghi, la memoria, filtrati nella consapevolezza dell’estrema fragilità umana, sono i nuclei centrali da cui si dipana il ‘fare poesia’ di Enzo Agostino. Su tutto incombente è il senso di un’ombra quieta che appena ci lambisce in un trascorrere lento e muto che sarà forse l’ultimo e che alla perdita induce o alla resa; è la percezione di un tempo fermo, o in bilico tra l’essere e il non essere più, di un momento perenne quasi fosse fissato in una meridiana o nell’eco di una voce murata fra gli affreschi del Vignola e intatti il senso e il suono d’un silenzio fermato a mezzo d’una meridiana che segna ora il ruotar d’altri pianeti; è la dolente consapevolezza in quel silenzio duro che pare avvolgere in una nebbia o in un pulviscolo le cose, le creature viventi, la natura, i paesaggi lontani ed amati (la Versilia, Fiesole, l’Arno, i Monti Cimini…) e il suo profondo Sud, ossia la Magna Grecia, in contrasto con l’umile vita nel paese di sughero. È un paesaggio esteriore ben definito che diviene metafora di uno interiore, cui si associa l’idea della vita intesa come viaggio, dove le vicende personali, nel panico e nell’ansia di vivere, nel sortilegio e nel sogno, divengono punto d’incontro con l’altro in un dialogo serrato, ininterrotto, volto a rintracciare una ‘partecipazione’ al destino d’ognuno con un sentimento di pietas che concilia le illusioni, gli inganni, le sofferenze in una visione mitica, classica, dove fanno da sfondo paesi saraceni e magnogreci, lune arabe, arroventate scimitarre, che riportano ad un’atmosfera decadente e orientale, mentre si insinuano nelle crepe del tempo e del ricordo licheni e muffe e sterpi e parietaria” (Maria Modesti).

Di Enzo Agostino (Gioiosa Jonica 1937-2003) sono uscite una raccolta in gioiosano, Coccia nt’o’ gramoni (Firenze, 2003) e una in italiano Inganni del tempo (Firenze, 2004). Altre carte e un epistolario, per ora inediti, sono a disposizione degli studiosi. L’archivio e la biblioteca del poeta, a Gioiosa Jonica, sono purtroppo fino ad ora inaccessibili. In memoria del Gioiosano il poeta statunitense Michael Anania ha scritto l’epicedio Turnings, uscito nel 2005 in Italia, a cura di Giovanna Fozzer e Margherita Pieracci Harwell.

di Enzo Agostino
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