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Giuseppe Giusti

Giuseppe Giusti

Giuseppe Giusti nacque a Monsummano Terme (Pistoia) nel 1809 da un’agiata famiglia di possidenti terrieri. Dopo aver studiato a Montecatini nel seminario di Pistoia s’iscrisse alla facoltà di Legge dell’Università di Pisa presso la quale si laureò nel 1834. Soffrì sin dall’adolescenza di disturbi psichici; si ammalò anche di tubercolosi ed ebbe, nel corso della sua vita, altri malanni fisici. Dopo la laurea si trasferì a Firenze per esercitare la professione; entrò in contatto con quel mondo che doveva diventare bersaglio privilegiato dei suoi Scherzi.
È qui che conobbe Gino Capponi, esponente del liberalismo toscano e direttore del celebre Gabinetto Vieusseux, che avrebbe influenzato non poco il suo orientamento politico e gli sviluppi della sua poetica. Negli anni successivi, mentre era impegnato nella stesura di quello che sarà il suo componimento di maggiore rilievo,
Le poesie, il Giusti compì alcuni viaggi, a Roma, a Napoli e soprattutto, nel 1845, a Milano, dove conobbe il Manzoni e la sua cerchia di amici, con cui poi intratterrà frequenti rapporti epistolari.
Nel 1847, entrato a far parte della Guardia Civica, mostrò di apprezzare le riforme operate dal Granduca di Toscana, precedentemente oggetto della sua satira. Nel 1848, durante i moti toscani, partecipò alla vita pubblica, e fu eletto deputato del parlamento di Firenze e appoggiando i governi moderati di Ridolfi e Capponi. Condivise, in sostanza, le speranze e le attese di riforma moderata, caratteristiche degli anni immediatamente precedenti il 1848. Col ritorno del Granduca Leopoldo II sostenuto dagli Austriaci si ritirò in casa dell’amico Gino Capponi, dove, anche a causa delle sue precarie condizioni di salute che peggioravano sensibilmente, morì di tisi polmonare nel 1850 e fu sepolto a S. Miniato.
I suoi
Versi satirici furono pubblicati dapprima in forma sparsa, poi raccolti in varie edizioni generalmente bene accolte dal pubblico, nel 1844, 1845 e 1847. Scrisse anche una Cronaca dei fatti di Toscana, edita postuma col titolo di Memorie inedite (1890), una raccolta di Proverbi toscani, edita anch’essa postuma (1853) e il ricco Epistolario, vivo esempio di parlata toscana e testimonianza della sua adesione alle teorie manzoniane della lingua.

Giuseppe Giusti nacque a Monsummano Terme (Pistoia) nel 1809 da un’agiata famiglia di possidenti terrieri. Dopo aver studiato a Montecatini nel seminario di Pistoia s’iscrisse alla facoltà di Legge dell’Università di Pisa presso la quale si laureò nel 1834. Soffrì sin dall’adolescenza di disturbi psichici; si ammalò anche di tubercolosi ed ebbe, nel corso della sua vita, altri malanni fisici. Dopo la laurea si trasferì a Firenze per esercitare la professione; entrò in contatto con quel mondo che doveva diventare bersaglio privilegiato dei suoi Scherzi.
È qui che conobbe Gino Capponi, esponente del liberalismo toscano e direttore del celebre Gabinetto Vieusseux, che avrebbe influenzato non poco il suo orientamento politico e gli sviluppi della sua poetica. Negli anni successivi, mentre era impegnato nella stesura di quello che sarà il suo componimento di maggiore rilievo,
Le poesie, il Giusti compì alcuni viaggi, a Roma, a Napoli e soprattutto, nel 1845, a Milano, dove conobbe il Manzoni e la sua cerchia di amici, con cui poi intratterrà frequenti rapporti epistolari.
Nel 1847, entrato a far parte della Guardia Civica, mostrò di apprezzare le riforme operate dal Granduca di Toscana, precedentemente oggetto della sua satira. Nel 1848, durante i moti toscani, partecipò alla vita pubblica, e fu eletto deputato del parlamento di Firenze e appoggiando i governi moderati di Ridolfi e Capponi. Condivise, in sostanza, le speranze e le attese di riforma moderata, caratteristiche degli anni immediatamente precedenti il 1848. Col ritorno del Granduca Leopoldo II sostenuto dagli Austriaci si ritirò in casa dell’amico Gino Capponi, dove, anche a causa delle sue precarie condizioni di salute che peggioravano sensibilmente, morì di tisi polmonare nel 1850 e fu sepolto a S. Miniato.
I suoi
Versi satirici furono pubblicati dapprima in forma sparsa, poi raccolti in varie edizioni generalmente bene accolte dal pubblico, nel 1844, 1845 e 1847. Scrisse anche una Cronaca dei fatti di Toscana, edita postuma col titolo di Memorie inedite (1890), una raccolta di Proverbi toscani, edita anch’essa postuma (1853) e il ricco Epistolario, vivo esempio di parlata toscana e testimonianza della sua adesione alle teorie manzoniane della lingua.

Libri scritti da Giuseppe Giusti

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