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Carlo Francovich

Carlo Francovich

Nato a Fiume nel 1910 da una famiglia cui gli Asburgo avevano conferito il titolo nobiliare di baroni de Francovich e Berchez, si trasferì a Firenze dopo la prima guerra mondiale. Delle sue origini mitteleuropee conservava solo una padronanza perfetta del tedesco, che parlava con elegante accento viennese, e una incomparabile ampiezza cosmopolitica di cultura e interessi. Fino da ragazzo, invece, aveva voltato le spalle al retaggio asburgico e a quanto avesse sapore di autoritarismo politico o religioso. Quando fu all’Università maturò questo ribellismo in un’opposizione cosciente al fascismo.
Con i liberal-socialisti fiorentini partecipò alla fondazione del Partito d’Azione e dopo l’8 settembre 1943 militò da coraggioso nella Resistenza come organizzatore di bande partigiane. Fu tra gli irriducibili, guidati da Piero Calamandrei e Tristano Codignola, che continuarono sulla linea ideologica di Giustizia e Libertà, mirando alla creazione di un partito socialista, autonomo dall’egemonia stalinista.
Quaranta e passa anni non sono pochi per cominciare un mestiere nuovo: e il mestiere dello studioso di storia era nuovo del tutto o quasi per Francovich. Malgrado la sua militanza rivoluzionaria e il suo odio catilinario per i troni e le gerarchie, in fondo era rimasto un gentiluomo mitteleuropeo, come era nato. Quindi aveva avuto anche gusti intellettuali da vero signore: molto amore per la bella musica; letture appassionate di poesie e di romanzi; un gran trasporto per le bellezze artistiche e naturali.
L’itinerario personale di Carlo Francovich, dal carcere e dalla Resistenza agli studi storici, era lo stesso che avevano percorso Valiani, Venturi, Galante-Garrone e con loro Garosci e più altri. Ben diverso era stato l’itinerario di Cantimori e di Saitta. Bastò un anno perché il distacco si facesse definitivo e Carlo Francovich si aprisse una strada per conto suo con il saggio su Gli Illuminati di Weishaupt e quello successivo su La partecipazione italiana alla cospirazione degli Illuminati. La tesi che scaturiva da questo nuovo corso di ricerche era che nella società segreta degli Illuminati di Baviera è da vedere una delle scaturigini prime dell’egualitarismo sociale, antecedente anche al binomio Babeuf-Buonarroti.
Francovich trovò il tempo e l’energia per varie pubblicazioni – mezza dozzina solo fra il 1962 e il 1980 – sull’antifascismo e la Resistenza, specie nella Toscana, aventi carattere di alta divulgazione. Oltre a tutti gli altri impegni che aveva già sulle spalle, finì per assumersi anche quello di Presidente del Centro di Studi Napoleonici. Come aveva fatto con l’Istituto di Storia della Resistenza fiorentino, portò pure il centro elbano ad alto prestigio nazionale e internazionale. È morto all’Antella, nei dintorni di Firenze, il 25 dicembre 1990.

Nato a Fiume nel 1910 da una famiglia cui gli Asburgo avevano conferito il titolo nobiliare di baroni de Francovich e Berchez, si trasferì a Firenze dopo la prima guerra mondiale. Delle sue origini mitteleuropee conservava solo una padronanza perfetta del tedesco, che parlava con elegante accento viennese, e una incomparabile ampiezza cosmopolitica di cultura e interessi. Fino da ragazzo, invece, aveva voltato le spalle al retaggio asburgico e a quanto avesse sapore di autoritarismo politico o religioso. Quando fu all’Università maturò questo ribellismo in un’opposizione cosciente al fascismo.
Con i liberal-socialisti fiorentini partecipò alla fondazione del Partito d’Azione e dopo l’8 settembre 1943 militò da coraggioso nella Resistenza come organizzatore di bande partigiane. Fu tra gli irriducibili, guidati da Piero Calamandrei e Tristano Codignola, che continuarono sulla linea ideologica di Giustizia e Libertà, mirando alla creazione di un partito socialista, autonomo dall’egemonia stalinista.
Quaranta e passa anni non sono pochi per cominciare un mestiere nuovo: e il mestiere dello studioso di storia era nuovo del tutto o quasi per Francovich. Malgrado la sua militanza rivoluzionaria e il suo odio catilinario per i troni e le gerarchie, in fondo era rimasto un gentiluomo mitteleuropeo, come era nato. Quindi aveva avuto anche gusti intellettuali da vero signore: molto amore per la bella musica; letture appassionate di poesie e di romanzi; un gran trasporto per le bellezze artistiche e naturali.
L’itinerario personale di Carlo Francovich, dal carcere e dalla Resistenza agli studi storici, era lo stesso che avevano percorso Valiani, Venturi, Galante-Garrone e con loro Garosci e più altri. Ben diverso era stato l’itinerario di Cantimori e di Saitta. Bastò un anno perché il distacco si facesse definitivo e Carlo Francovich si aprisse una strada per conto suo con il saggio su Gli Illuminati di Weishaupt e quello successivo su La partecipazione italiana alla cospirazione degli Illuminati. La tesi che scaturiva da questo nuovo corso di ricerche era che nella società segreta degli Illuminati di Baviera è da vedere una delle scaturigini prime dell’egualitarismo sociale, antecedente anche al binomio Babeuf-Buonarroti.
Francovich trovò il tempo e l’energia per varie pubblicazioni – mezza dozzina solo fra il 1962 e il 1980 – sull’antifascismo e la Resistenza, specie nella Toscana, aventi carattere di alta divulgazione. Oltre a tutti gli altri impegni che aveva già sulle spalle, finì per assumersi anche quello di Presidente del Centro di Studi Napoleonici. Come aveva fatto con l’Istituto di Storia della Resistenza fiorentino, portò pure il centro elbano ad alto prestigio nazionale e internazionale. È morto all’Antella, nei dintorni di Firenze, il 25 dicembre 1990.

Libri scritti da Carlo Francovich