Aldo Palazzeschi

Poeta e scrittore, Aldo Giurlani (che assunse poi il cognome Palazzeschi dalla nonna materna), nasce a Firenze nel 1885 da una media famiglia borghese. Scrittore dal temperamento focoso e ribelle, diventa ben presto un provocatore di professione, non solo perché esercita originalissime forme di scrittura ma anche perché propone una lettura della realtà molto particolare, rovesciata rispetto al modo di pensare comune. Esordisce come poeta nel 1905 con il libretto di versi “I cavalli bianchi”. Nel 1909, dopo la pubblicazione della terza raccolta di versi, “Poemi”, che gli procurò fra l’altro l’amicizia di Marinetti, aderì al Futurismo (di cui Marinetti era appunto il deus-ex-machina) e, nel 1913, iniziò le sue collaborazioni a «Lacerba», la storica rivista di quella corrente letteraria. Dalle Edizioni Futuriste di “Poesia” esce nel 1911 uno dei capolavori di Palazzeschi, “Il Codice di Perelà”, sottotitolato “Romanzo futurista”. Dopo un così clamoroso idillio, ruppe però con il Futurismo nel 1914, quando la sua personalità indipendente e la sua posizione pacifista entrarono in rotta di collisione con la campagna per l’intervento in guerra dei Futuristi, evento che lo porta anche a riavvicinarsi a forme più tradizionali di scrittura di cui ne è esempio il romanzo “Le sorelle Materassi”, altro capolavoro della sua scrittura. Dopo l’esperienza della prima guerra mondiale, durante la quale riuscì ad evitare di essere mandato al fronte (ma prestò servizio come soldato del genio), mantenne un atteggiamento distanziato ed attendista di fronte al regime fascista e alla sua ideologia di “ritorno all’ordine”. Condusse quindi vita molto appartata, intensificando la sua produzione narrativa e collaborando, dal 1926 in poi, al «Corriere della sera». Negli anni ‘60 si sviluppa comunque il terzo periodo dell’attività letteraria del nostro autore che lo vede nuovamente interessato alle sperimentazioni giovanili. La contestazione del ‘68 lo coglie ormai anziano e considerato da più parti una sorta di “classico” rimasto in vita, prende con poca serietà e con ironico distacco gli allori che i poeti della neoavanguardia innalzano di fronte al suo nome, riconoscendolo come precursore. Fra le ultime opere uscite dalla sua penna all’alba degli ottant’anni troviamo “Il buffo integrale” (1966), la favola surreale “Stefanino” (1969), il “Doge” (1967) e il romanzo “Storia di un’amicizia” (1971). Muore a Roma il 17 agosto 1974.

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