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Due cose mi vengono in mente davanti all’ultima fatica di Giorgio Batini “Per chi suona la Toscana. Storie curiose di campane e campanili”, (Polistampa). Mi vengono in mente il titolo di un giornale “Le Campane a festa”, edito molti

Campane e campanili nell’ultima fatica di Giorgio Batini
Storie e curiosità in una carrellata di secoli
Due cose mi vengono in mente davanti all’ultima fatica di Giorgio Batini “Per chi suona la Toscana. Storie curiose di campane e campanili”, (Polistampa). Mi vengono in mente il titolo di un giornale “Le Campane a festa”, edito molti anni fa dalla parrocchia del mio paese, con tanto di disegno di un campanile con campane in funzione e volo di rondini, e l’emozione che provo quando riesco a sentire il suono delle campane, capace di superare il rumore delle auto, e non solo. L’ordinotte, per esempio, mi commuove. Giorgio Batini, nel suo impegno di raccontare la Toscana, anche quella minuta e sconosciuta, con questa sua ultima fatica ci fa fare un viaggio insolito: da un campanile all’altro, da una campana all’altra – cavalcata di secoli. Ci fa stupire, sorridere e arrabbiare di fronte al comportamento degli uomini. Una storia che esalta una condizione della Toscana, l’esser regione di campanili. Sotto ogni campanile un modo di comportarsi e di difendere il proprio territorio, ma anche l’orgoglio di difendere – per ogni borgo, per ogni villaggio, per ogni paese, per ogni città – la propria storia, le proprie tradizioni. Per alcuni, un bene. Per altri, un male, un limite. Batini, comunque, non ha di queste preoccupazioni. La sua preoccupazione, nella ricerca e nella redazione, è stata quella di offrirci un libro godibile. Scrupoloso nella documentazione, chiaro nella scrittura. Animano le pagine della “Smarrita” di Altopascio, la “Martinella” della battaglia di Montaperti, la “Piagnona” del Savonarola, il campanile della Badia Fiorentina. La “Smarrita” di Altopascio era punto di riferimento preciso dei pellegrini che andavano a Roma, o – ancora – il cammino di Dio, che attraversava boschi fitti e frequentati da briganti, soprattutto nel tratto delle Cerbaie. La “Piagnona” durò quanto il Savonarola, i cui seguaci venivano chiamati piagnoni, per quel loro comportamento intransigente, secondo i fiorentini che stavano con i Medici e con il Borgia. La “Martinella”, invece, rimanda alla battaglia terribile di Montaperti, allo scontro tra senesi e fiorentini. I senesi la conquistarono e non la restituirono più ai fiorentini, quasi a voler mettere in evidenza il disprezzo nei loro confronti. Batini racconta anche storie grottesche. Per esempio, quanto accaduto nel 1148 a Firenze. I benedettini non stavano alle regole. Non suonavano le campane a terza e nona, ma a martello “contro le tasse imposte loro dal Comune, che reagì facendo abbattere il campanile”. Scrive, Batini: “Ci eravamo dimenticati che nel passato le nostre campane non solo ricordavano alla gente gli orari delle Messe, delle processioni, dei riti religiosi, ma annunziavano le nascite e le morti, davano notizie di feste, fiere, mercati, segnalavano una pubblica riunione, e anche il verdetto di una condanna capitale, anche l’allarme per un pericolo che incombeva sulla comunità. Campane a distesa, a festa, a doppio, campane a ‘martello’, a ‘stormo’, a ‘fuoco’, a ‘scongiuro’, a ‘tempesta’, a ‘malacqua’ o ‘acqua bona’ (Vivos voco – defunctos ploro – nimbum fugo – festa decoro). La tradizione popolare assicura che il suono di certe campane deviava le folgori, rompeva le tempeste e i vortici di vento, e funzionava molto meglio dei cannoni antigrandine”. Giorgio Batini, 85 anni, è stato capocronista e inviato per oltre mezzo secolo. Ha scritto più di 50 libri, in gran parte dedicati alla Toscana.
Data recensione: 24/09/2007
Testata Giornalistica: Il Corriere di Firenze
Autore: Riccardo Cardellicchio