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Il poeta, ha scritto Paul van Buren, cammina lungo le frontiere del linguaggio, rischiando ogni attimo il non senso e rischiando altresì ogni momento di cadere nel balbettio disarticolato del bimbo. Egli si sente spesso la lingua impacciata,

Il poeta, ha scritto Paul van Buren, cammina lungo le frontiere del linguaggio, rischiando ogni attimo il non senso e rischiando altresì ogni momento di cadere nel balbettio disarticolato del bimbo. Egli si sente spesso la lingua impacciata, sente il linguaggio impuntarsi, si accorge che spesso gli è possibile solo un cercare a tastoni cose ancora dicibili.
Sempre più spesso il parlare del poeta è un parlare contro le parole: egli ha a disposizione una lingua ormai morta, fatta di parole usurate; ecco che più egli cerca di comunicare, meno si esprime, e più si esprime meno comunica. In una siffatta situazione egli è portato a desiderare che il linguaggio, attraverso una caduta rigeneratrice nel silenzio, riacquisti un senso.
Tutte queste riflessioni sono perfettamente consonanti con l’avventura poetica di Massimo Corsinovi e in modo specialissimo con la sua opera più recente Ali di luna. Non a caso, qualche anno fa Mario Luzi lo aveva icasticamente definito «il poeta del silenzio» e ne aveva così descritto le sue essenziali caratteristiche: «Scrive cose finissime. Possiede qualità, percezione, emotività del senso e dell’immaginazione naturalmente». Secondo Luzi, Corsinovi possiede inoltre «semplicità del linguaggio» e «preziosismo della struttura».
Corsinovi pratica una scrittura innocente e, al contempo, sapiente, una scrittura pura, incorrotta, ascetica. Le sue sono tutte parole parlate. Le sue, infatti, sono parole nate dal silenzio. Egli, come giustamente osserva Fausto Sbaffoni, pratica in sommo grado la tecnica dell’ablatio, quella tecnica, cioè, che consiste nel «togliere via tutto ciò che non è essenziale, fino a far risaltare tra e da gli spazi bianchi la parola vera, autentica, disadorna quanto si vuole, lontana da ogni artificio, ma proprio per questo forte ed efficace».
Le poesie di Corsinovi sono un importante alessifarmaco contro la piena diluviale di immagini (sconfortanti a forza di essere allegre) e di parole (che sono divenute dei necrologi del pensiero). I suoi versi sono rimedi massimamente efficaci contro le molte patologie della comunicazione moderna: contro, cioè, quelle comunicazioni frettolose segnate da un senso di inutile urgenza che danno luogo, inevitabilmente, a incomprensioni; contro quelle comunicazioni caratterizzate da una incoercibile rapidità che danno vita a rapporti superficiali e pellicolari; contro quelle comunicazioni irriflesse e non meditate perché improntate dal demone furioso dell’immediatezza che creano rapporti algidi e feriali.
Nella galassia elettronica la comunicazione da problema tecnologico è finita col diventare, inaspettatamente ma non troppo, un problema essenzialemnte etico. Ecco, quindi, che i poeti, almeno i migliori tra loro, sono diventati inconsapevolmente, e Corsinovi è tra questi, dei filosofi morali.
Data recensione: 01/04/2007
Testata Giornalistica: Sapienza
Autore: Massimo Baldini