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Il volume, con testo inglese a fronte, si presenta in un’elegante veste editoriale, curata dalla casa editrice Edizioni Polistampa di Firenze. L’impostazione bilingue da, a prima vista, l’impressione di una guida, ma il contenuto

Il volume, con testo inglese a fronte, si presenta in un’elegante veste editoriale, curata dalla casa editrice Edizioni Polistampa di Firenze. L’impostazione bilingue da, a prima vista, l’impressione di una guida, ma il contenuto va ben oltre per serietà d’impostazione. L’autrice, Liletta Fornasari, apprezzata storica dell’arte, ha dimostrato di sapersi muovere altrettanto bene nella lettura del territorio e, in particolare, di una delle sue componenti fondamentali qual’è, appunto, la viabilità.Il Valdarno Superiore, come tutte le valli, ha una vocazione viaria per natura: è, insomma, un territorio-strada da sempre e l’antichità dei suoi percorsi ne è testimonianza eloquente. Entrambi i versanti, le pendici del Pratomagno, sulla destra, quelle dei Monti del Chianti, sulla sinistra, furono interessati dai percorsi della via consolare Cassia. La tradizione storiografica vuole che il ramo più antico di questa strada, la Cassia vetus erede di una via etrusca, sia passata sulla destra dell’Arno nel suo tratto tra Arezzo e Fiesole, mentre quello nuovo, la cosidetta Cassia adrianea aperta nel 123 d.C., sulla sinistra del fiume, con un percorso più diretto tra Chiusi e Firenze, ma si tratta di schemi suscettibili di nuove elaborazioni.Come succede quando possono essere molte le variabili dei percorsi e la ricostruzione di questi rimane nel campo delle ipotesi, l’autrice si è giustamente limitata a prenderne atto. Si avverte chiaramente che il volume non ha la pretesa di portare a nuove conclusioni, bensì intende presentare in maniera chiara e convincente le conoscenze raggiunte; appare utile per la comprenzione del dibattito sui percorsi viari dell’antichità etrusca e romana il puntuale richiamo ai caratteri fisici dell’ambiente valdarnese.È ormai appurato lo stretto rapporto che nel Medioevo legò tra loro le strade e le pievi, fino a fare del plebato un vero e proprio ‘distretto stradale’. Il Valdarno Superiore è un’area rappresentativa sotto quest’aspetto, per l’antichità delle sue strade principali e la qualità architettonica – e quindi l’importanza – di certe sue pievi. Basti pensare alla ‘via dei Sette Ponti’ e alle chiese plebane che la punteggiano, tra le più cospicue della campagna toscana. Una di queste, la pieve di Gropina, con le sue stratificazioni archeologiche offre un’incredibile testimonianza della continuità con l’Antico e del rinnovamento degli edifici plebani tra alto e basso Medioevo, favorendo una serie di riflessioni sull’organizzazione religiosa e politica del contado che Liletta Fornasari non manca di fare.L’attenzione dell’autrice non si limita al sistema delle pievi, ma anche a quello dei castelli il cui assoggettamento alla città dominante si concluse con la fondazione delle “terre nuove” fiorentine che, proprio nel Valdarno Superiore (San Giovanni, Castelfranco e Terranuova), offrono non solo un eloquente esempio di pianificazione del territorio, ma esprimono soluzioni urbanistiche tra le più qualificate del genere in Europa. Si definiva così un nuovo assetto territoriale, che tendeva a preferire il fondo valle e, in particolare, il suo lato sinistro con le inevitabili ripercussioni sulla viabilità.Si tratta di quella che, in larga misura, si manterrà nell’età moderna, o meglio nel periodo mediceo, al quale è dedicato un ampio capitolo dove si evidenzia il particolare rapporto artistico che si stabilisce con la città, alla luce anche della religiosità popolare, i cui episodi segnano le strade. Nuovi sono gli strumenti d’indagine per lo studio della viabilità dell’epoca, sia fonti specifiche, come il Libro vecchio di strade (del 1461) o le Piante di Popoli e Strade dei Capitani di Parte guelfa, di fine Cinquecento, sia storiche, come la Storia fiorentina di Benedetto Varchi (del 1528), o letterarie, come  varie relazioni di viaggiatori, tra le quali fa spicco la descrizione del signor di Montaigne, che attraversò il Valdarno nel 1581. Vi sono poi relazioni di lavori, vedute, piante, a cominciare da quelle di Leonardo da Vinci, conservate nella collezione Windsor. Tutti strumenti che l’autrice mostra di conoscere e di saper usare al meglio e che nel libro trovano spazio nell’accurata scelta delle immagini che illustrano questa e le altre parti del volume.Conclude il lavoro un quarto ed ultimo capitolo dedicato che quella che è giustamente definita “rivoluzione stradale lorenese”. In effetti Pietro Leopoldo promosse una profonda e razionale sistemazione della rete viaria del Granducato – fino ad allora qualitativamente pessima –, le cui maglie principali erano determinate dalle strade regie. Nel Valdarno Superiore, ad esempio, una strada del genere diventò quella Aretina per San Donato in Collina, Figline, San Giovanni, Montevarchi e Levane. Ma, già nel secondo decennio dell’Ottocento, la prima parte di questa trovò una variante, allorché fu aperto il tratto di strada tra Pontassieve e Incisa. Ormai i servizi di diligenze percorrono agevolmente  il Valdarno e di lì a pochi decenni (nel 1866) sarà la ferrovia ad unire Firenze ed Arezzo e, qualche anno dopo, sarà possibile arrivare a Roma. Quasi alla fine del secolo verrà costruita quella singolare ferrovia a cremagliera tra Sant’Ellero e Vallombrosa, che voleva fare del Saltino una stazione climatica di prestigio. È qui che si conclude il viaggio di Liletta Fornasari lungo le strade del Valdarno Superiore, ciò che verrà dopo è sotto gli occhi di tutti.
Data recensione: 01/11/2007
Testata Giornalistica: Erba d’Arno
Autore: Italo Moretti