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CIMABUE, Duccio e Giotto. La sala numero 2 degli Uffizi è consacrata a loro, alle "tre Maestà" che come un manuale perfetto di storia dell’arte, documentano l’origine della pittura occidentale. Una

La Madonna del Bigallo vicino a GiottoCIMABUE, Duccio e Giotto. La sala numero 2 degli Uffizi è consacrata a loro, alle "tre Maestà" che come un manuale perfetto di storia dell’arte, documentano l’origine della pittura occidentale. Una sala-tempio, intoccabile e di "chiesastica purezza", come nota il direttore della galleria Antonio Natali presentando la piccola rivoluzione che da ieri tuttavia la modifica. Un nuovo allestimento che non intacca tuttavia la sala, se mai la arricchisce, mantenendo intatto l’equilibrio tra opere esposte e quelle dell’architettura ridisegnata a metà degli anni ’50 da Gardella, Michelucci e Scarpa. Perché quello che si legge di nuovo è solo un’ulteriore documentazione di quel passaggio del linguaggio pittorico che da bizantino diventò occidentale, e da greco parlò latino. Ebbene da ieri accanto alle tre mirabili Maestà sono state collocate altre due opere. Si tratta della Madonna col Bambino, capolavoro del Maestro del Bigallo, acquistato dalla soprintendenza del Polo museale fiorentino con i propri fondi per un valore di 700 mila euro dall’antiquario Fabrizio Moretti. L’opera dell’artista anonimo - conosciuto come Maestro del Bigallo per aver realizzato un crocifisso dipinto conservatoproprio nel museo del Bigallo - risale al 1230 circa ed appartenne tra l’800 e il ’900 all’imponente collezione dell’antiquario Stefano Bardini.
"Nell’allestimento abbiamo deciso di collocarla a fianco della parete che si apre sul Gotico fiorito - spiega il direttore Natali - un pò arretrata rispetto alla Maestà d’Ognissanti di Giotto, ma che ci ha permesso di affiancarle un’altra opera, la Madonna col Bambino dipinta anch’essa nei primi del ’200 da un artista vicino al Maestro del Bigallo e finora conservata nei nostri depositi in modo da valutare le similitudini tra le due opere". Ai visitatori non resta che, raccomanda la soprintendente Cristina Acidini, lasciarsi catturare dal dipinto del Maestro del Bigallo, "da quegli sguardi dipinti sette-otto secoli fa, che nulla hanno perso della loro intensità magnetica". Angelo Tartuferi, studioso e direttore della pittura medievale degli Uffizi, ha quindi presentato il suo volume su "Il Maestro del Bigallo e la pittura della prima metà del Duecento" edito da Polistampa.
Data recensione: 22/05/2007
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Mara Amorevoli