chiudi

C’è chi viaggia per piacere, chi trascorre le vacanze affidandosi ai tour operetor, c’è chi visita paesi lontani per provare il brivido dell’avventura e del pericolo, poi ci sono altri

Il diario dell’avventura di Tito Barbini, ex assessore regionale, dalla Patagonia all’AlaskaC’è chi viaggia per piacere, chi trascorre le vacanze affidandosi ai tour operetor, c’è chi visita paesi lontani per provare il brivido dell’avventura e del pericolo, poi ci sono altri viaggiatori, che viaggiano per conoscere nuovi paesi, nuovi modelli di vita e culture diverse, per incontrare una nuova umanità, magari per ri-trovare se stessi. Sì, ce ne sono ancora di viaggiatori che percorrendo il mondo in solitudine compiono anche un viaggio interiore restando soli con loro stessi per ritrovare una nuova dimensione della vita. . Con queste parole Tito Barbini - “giovane” sessantenne dal passato di fine uomo politico, amministratore pubblico regionale in Toscana - apre il diario che racconta il lungo itinerario che dalla Toscana lo porterà alla Patagonia e all’Alaska, una sorta di racconto intimo dei sentimenti suscitati e riscoperti nelle diverse tappe del viaggio. Lo pubblica con un titolo stupendo: “Le nuvole non chiedono permesso. Cento giorni a piedi e in corriera”. Le nuvole, dunque, a dare il senso della leggerezza di cui parla Italo Calvino in una delle sue lezioni, e della libertà della mente e del cuore. Un giorno, dopo aver lungamente studiato l’itinerario e con un’adeguata preparazione, Tito Barbini finalmente inizia il sognato viaggio. E’ una decisione maturata nel tempo, la sua, un bisogno insopprimibile di fare i conti con sé stesso, e così dopo averne parlato con la famiglia decide di mettersi in cammino. Il bagaglio è leggero: uno zaino con l’essenziale, due libri, fra cui “Moby Dicke”, e tanta curiosità. Nel suo percorso si immerge in una realtà di sofferenza e di lotta, mescolandosi agli abitanti dei paesi che attraversa, vive con loro, tenta di capire e di raccontare quello che noi, dal ghetto della nostra opulenza riusciamo solo a intuire. La porta d’ingresso del suo appassionante itinerario è il Cile di Pablo Neruda, di Salvatore Allende, di Victor Jara, il grande cantante-poeta torturato e poi assassinato a colpi di pistola nello Stadio Nazionale del Cile, pochi giorni prima del suo quarantunesimo compleanno. E poi l’Argentina dei generali e dei “desaparecidos”, la Bolivia di Eva Morales, per risalire, fino a superare il canale di Panama ed entrare in Messico, quindi Los Angeles eVancouver. Un viaggio per incontrare e capire paesi, popoli, culture le grandi passioni di cui tanto si parla e, attraverso loro, per tentare di capire sé stesso. Il suo, infatti, è anche un viaggio nella memoria dalle cui brume emergono immagini forti e dolcissime: la prima volta che a nove anni, il babbo lo portò al mare, o il giorno in cui, eletto sindaco, alzando la testa scorse il padre che, in un angolo nascosto dalla folla, piange vedendo in quel figlio il riscatto di una vita di lavoro e di orgogliosa lotta per l’emancipazione sua e della sua classe. Torna ancora alla mente Italo Calvino e la sua definizione della memoria “che conta solo se tiene insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro”. E’ proprio questo il senso della ricerca di Barbini che, in queste pagine ci conduce nella casa di Neruda (la Chascona, dal nome che aveva dato alla amata compagna), al Palazzo della Moneda. Barbini ci fa conoscere le ragioni del processo che ha opposto i coniugi mapuche Attilio e Rosa Curinoco alla United Colors di Benetton, che comprando ottanta mila ettari in Patagonia. li ha privati della terra nella quale vivevano da sempre e con loro i popoli mapuche. Racconta la condizione della classe obrera in Patagonia, ci porta a Bariloche e ancora nel deserto di Atacama, ci fa entrare nell’inferno di sale di Natalio, ci parla della magia di Cuzco e del Machu Picchu, o della tradotta per Lima affollata da una umanità oppressa e indomabile. Infine, con le orgogliose parole delle madri di Plaza de Majo, ci ricorda che “L’unica lotta che si perde è quella che si abbandona”. Un viaggio che è anche una lezione di vita.
Data recensione: 08/05/2007
Testata Giornalistica: inToscana.it
Autore: ––