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“Ci sarà solo una volta” sono le prime parole di questa favola metropolitana, come viene definita dal giovane autore.
Ma della favola ha ben poco questo romanzo. I toni sono cupi come il

“Ci sarà solo una volta” sono le prime parole di questa favola metropolitana, come viene definita dal giovane autore.
Ma della favola ha ben poco questo romanzo. I toni sono cupi come il futuro che prospetta Lenzi, un futuro fatto di morte, di soli e lune artificiali, di violenza e degrado, ambientale e sociale. Un non luogo che potrebbe essere ovunque, un non luogo in cui i due protagonisti, Tobia e Gianna, appena diciottenni si trovano a crescere e a non voler sottostare. La loro delicata storia di “innamoramento” più che d’amore, si scontra con il torbido che li circonda, con la decadenza morale di una società che non pensa più, che, praticamente, non vive più.
Entrambi frequentano il liceo “Berlusconi”, eroe che ha gettato i semi di quel mondo; l’occupazione dell’edificio, che ha più i tratti dell’occupazione armata, permette a loro due e ai loro compagni di riappropriarsi almeno per un po’, mentre l’assedio dei poliziotti produce morte, di quel mondo che gli è stato negato, strappato: un mondo fatto di canzoni, poesie, e di mani strette l’una nell’altra. Un mondo che i due riscoprono, insieme, e che può forse sconfiggere anche la morte. Un romanzo agrodolce, che a tratti assume la forma del flusso di coscienza e che, per questo, può risultare un po’ duro al primo impatto: parole nuove che descrivono oggetti del futuro, sensazioni che prendono la forma di espressioni verbali azzardate, il tutto a un ritmo narrativo vertiginoso.
Viene da sperare che “non” ci sarà una volta, dopo aver letto il libro: ma prendere coscienza, anche leggendo queste pagine, che quel mondo potrebbe un giorno esistere davvero, può essere già un passo avanti per evitare che tutto questo succeda.
Data recensione: 01/04/2007
Testata Giornalistica: InformaFirenze
Autore: ––