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L’uscita di un volume riguardante la produzione vetraria a Montaione nel Sette-Ottocento

L’uscita di un volume riguardante la produzione vetraria a Montaione nel Sette-Ottocento va salutata con particolare apprezzamento, perché tale arco cronologico non era stato in precedenza oggetto di analisi sistematiche. Per conseguire il suo obiettivo l’autrice si è sottoposta a imponenti spogli bibliografici e archivistici, i quali peraltro l’hanno di certo ripagata di tanta fatica con l’abbondanza di risultati. In effetti, vale la pena di metterlo in rilievo da subito, uno dei maggiori pregi dell’opera consiste nella quantità di documenti inediti che vengono offerti per la prima volta ai ricercatori: basti pensare che essi occupano ben 74 pagine (dalla 177 alla 251), cioè più di 1/4 del libro, cui vanno aggiunte 13 pagine di bibliografia e 15 di illustrazioni. Da ciò appare certo che queste nuove e copiose fonti costituiranno d’ora in poi un punto di partenza irrinunciabile per le future, auspicabili, indagini di argomento analogo. Un ulteriore pregio del lavoro di Silvia Ciappi risiede nel metodo di lavoro adottato, cioè quello di indagare i fenomeni sulla lunga durata, il che permette di valutarli nella loro interezza e nelle loro conseguenze, con risultati spesso inattesi. Per limitarci a un solo esempio, l’autrice pone giustamente in rilievo l’intensa circolazione di maestranze montaionesi, gambassine e in genere valdelsane attestata in tutta l’Italia fin dal XV secolo, fonte di ricchezza (attraverso le rimesse degli emigrati) e di aggiornamento tecnologico delle località d’origine (p. 30). Sotto questo secondo aspetto è estremamente significativa la vicenda del vetraio Gioacchino Palmerini, che la Ciappi ipotizza nativo di Montaione in base al cognome, il quale produceva a Firenze il cosiddetto cristallo all’inglese già pochi anni dopo la messa a punto di quel pregiato materiale (1676), tanto da lasciarci una preziosissima ricetta per fabbricarlo (pp. 53-58). In altre parole resta così dimostrato che a Firenze si realizzava il cristallo all’inglese ben prima dei Lorena e dei vetrai da loro fatti giungere in Toscana, ai quali ne era stata attribuita l’introduzione prima del ritrovamento di questi documenti. L’ipotesi più verosimile scorge la via di ricezione di un aggiornamento tecnico così tempestivo proprio in quella mobilità delle maestranze valdelsane richiamata poco sopra. A conforto sia permesso di richiamare un episodio per vari aspetti analogo accaduto a Ferrara circa 250 anni prima. La fornace condotta da vetrai montaionesi nella città estense sfornava manufatti di cristallo già nel 1451, ovvero in un periodo immediatamente successivo alla ‘invenzione’ da parte del muranese Angelo Barovier, di solito datata alla metà del Quattrocento. Anche in quel caso dunque i vetrai della Valdelsa avevano dimostrato una straordinaria ricettività nei confronti delle novità tecniche e una spiccata attitudine commerciale nel proporle alla loro sofisticata ed esigente clientela rappresentata dalla corte estense. L’attenta ontestualizzazione storica che sostiene in ogni momento l’indagine di Silvia Ciappi fa sì che ella arrivi necessariamente (si vorrebbe dire seguendo le orme dei suoi vetrai erranti) ad occuparsi di località ed officine vetrarie situate ben oltre i dintorni di Montaione. Si dipanano così le storie, tutte degne di ulteriori approfondimenti, delle vetrerie di Livorno (pp. 64-67), di Firenze (pp. 81-84) e soprattutto di Colle di Val d’Elsa (pp. 107-125), delle quali viene ben rimarcato il passaggio da antiche botteghe a vere e proprie manifatture e quindi a stabilimenti industriali. Grazie a tutto questo il presente studio supera i limiti talvolta imputabili alle consuete ricerche locali e piuttosto assurge ad un apprezzabile esempio di indagine microstorica, connotato da una notevole rappresentatività intrinseca e altrettanto prezioso come termine di confronto. Soltanto vi si vorrebbe aggiungere, in un’eventuale e auspicata seconda edizione, gli indici dei luoghi e delle persone, perché, dopo averci dimostrato che anche quella del vetro è un storia di uomini (e di donne: l’autrice ben valorizza il lavoro delle non ancora dimenticate fiascaie valdelsane), sia più agevole rintracciarli e tenerne conto nei futuri studi.
Data recensione: 01/01/2005
Testata Giornalistica: «Miscellanea storica della Valdelsa»
Autore: ––