chiudi

“Le nuvole non chiedono permesso” è la sua prima raccolta di appunti di viaggio, riuniti in libricino, Edizioni Polistampa, Firenze 2006, narrante il percorso “dalla Patagonia all‘Alaska

Partire con uno zaino di pura utilità fisica e tornare a casa con un bagaglio ricco di storia e paesi è quanto è successo a Tito Barbini, ex amministratore pubblico in Toscana ed ora scopertosi viaggiatore in vena di scrivere.

“Le nuvole non chiedono permesso” è la sua prima raccolta di appunti di viaggio, riuniti in libricino, Edizioni Polistampa, Firenze 2006, narrante il percorso “dalla Patagonia all‘Alaska (in) cento giorni a piedi e in corriera”, come indica il sottotitolo. Il volume fa parte della collana “Libri verità”: a buon diritto, visti i temi e la realistica narrazione di cui l’autore è solo e necessariamente compartecipe.
C’è da dire subito che passano in secondo piano le motivazioni che hanno spinto Barbini al viaggio ed alla scrittura. «Terminato l’impegno politico - è lui che parla - ho voluto dar vita al sogno di viaggiare, ed ora mi sento appunto unvero viaggiatore. Con tutto il tempo che ci vuole - precisa - solo a piedi o con i mezzi pubblici per scoprire, ascoltando, luoghi e persone». Importanti sono invece i risultati, ossia il passaggio dalla sfera personale a quella collettiva a cui appartengono i lettori, senza i quali nessun libro avrebbe senso compiuto.
I risultati dicono che siamo di fronte ad un libro di storia contemporanea, estratta dalla voce del popolo. In breve, più gente che monumenti, più voglia di libertà ed emancipazione che evasione poetica, e più canto della natura incontaminata che conquiste della città compongono i vari capitoli. «Ho avuto fortuna - confessa Barbini - nell’incontro con quei paesi e quelle persone». Per cui all’autore, già di per sé desideroso di trovarla, si è spianata la strada per accostare alla stupefazione dei paesaggi vergini, il senso giovane della democrazia che ormai ha conquistato le menti e i cuori dal Cile, al Messico, alla Bolivia.
«Questo trascorrere di ogni popolo dalla arretratezza alla democrazia è stato il mio leitmotiv ed il collante per dare unità a tanta gente diversa. Ma non mi sento un messia: ho voluto solo esprimere ed indicare una lezione morale. Scrivevo tappa per tappa - ci dice ancora -, appunti ed e-mail agli amici, dal novembre del 2005 al febbraio 2006: subito dopo, ricomposti i frammenti è stata possibile la prima edizione nel giugno di questo anno. Ora siamo alla seconda».
Il bel titolo che fa piacere ripetere, “Le nuvole non chiedono permesso”, mentre sullo sfondo dipinge cieli di speranza, nel contempo fa da specchio ai desideri di progresso di tante popolazioni, non regalato, ma come diritto di natura, da ottenere, appunto, senza permesso. In copertina, lo zappatore di sale, forse l’ultimo mestiere del mondo esprime il desiderio ancestrale di ricollegare l’uomo alla natura, ma se nel libro c’è un discorso moralizzante, al contrario dall’essere predicatorio, ha vesti di invito suadente a bassa voce. E stilisticamente, se per forza dobbiamo trovare un ispiratore, indichiamo il cileno Francesco Coloane, il messaggio etico affidato ai fatti.
Uno stile, tornando alle “Nuvole” di Barbini, con qualche indulgenza al bello, per esempio di fronte allo straordinario altopiano della Bolivia o alla meraviglia di fronte al senso del nulla in Patagonia. Altrove è l’amarezza a farsi letteratura, come quella dei messicani che cercano con unghie e denti di passare la frontiera verso gli Stati Uniti, o come la protesta delle madri dei desaparecidos nella Plaza de Mayo a Buenos Aires.
Ultima notazione che coniuga il messaggio sociale con la partecipata scrittura è il contrappasso. «Ho comprato occhiali Benetton, ma non ne sapevo la provenienza». Barbini giustifica così i soldi dati alla multinazionale. Si trovava in Cile tra i Mapuche, i più poveri tra i poveri. Per far capire da che parte stava non ha esitato a pubblicare una lettera del premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel: contro la Benetton, rea di aver «tolto con la complicità di un giudice ingiusto, 385 ettari di terra, con le armi del denaro, a un’umile famiglia». «Signor Benetton - invita Esquivel - viaggi in Patagonia e divida con i mapuche il silenzio, la voce e le stelle».
Data recensione: 19/11/2006
Testata Giornalistica: Il Tirreno - Spettacoli&Cultura
Autore: Paolo Gestri