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Diversi in tutto, uniti da quel legame indissolubile e profondo che solo tra un maestro e un allievo nella vita...

Diversi in tutto, uniti da quel legame indissolubile e profondo che solo tra un maestro e un allievo nella vita può far superare ogni distanza. Giorgio La Pira fu per Giulio Andreotti modello ed esempio di fede e abnegazione durante il periodo romano in cui nella chiesa di San Girolamo della Carità venivano invitati i poveri della città e gli studenti della Fuci per formare una sorta di comunità e mensa religiosa dove si coniugavano la preghiera e il cibo (caffè, latte e un panino) e si aprivano i cuori alla discussione e al confronto. Quella fu la “palestra” in cui Andreotti, più giovane di 24 anni, conobbe e apprezzò le doti umane e intellettuali del futuro sindaco di Firenze. A raccontare oggi il loro rapporto attraverso uno scambio epistolare ininterrotto dal 1950 al 1977 (anno della morte di La Pira) è Augusto D’Angelo, professore ordinario di Storia contemporanea alla facoltà di Scienze politiche della Sapienza di Roma, nel libro “Bisogna smettere di armare il mondo” pubblicato da Edizioni Polistampa con la prefazione del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. Che non risparmia critiche all’ex premier della Dc e sottolinea la differenza di visione politica tra lui e La Pira: «Le loro posizioni», scrive Zuppi, «erano quasi opposte. Nella commemorazione che ne fece nel 2004, Andreotti sottolineò che La Pira era stato un “terzaforzista”, cosa che, ovviamente, lui non è mai stato. Tra i suoi ricordi di gioventù Andreotti aveva conservato quello di La Pira che, nel settembre 1942, parlava con entusiasmo della pace davanti a un podestà fascista di Assisi in grave disagio ma anche affascinato da quel singolare oratore». Anche Andreotti lo considerava “straordinario” pur non condividendone alcune iniziative in Russia, Vietnam e Medio Oriente tese a creare un dialogo di pace, opera a cui dedicò grandissimo impegno sempre animato da una speranza di conquista del disarmo globale che adesso, nei nostri attuali tempi di guerra, lascia davvero ammirati e quasi increduli.
La capacità visionaria di La Pira non poteva conciliarsi con il pragmatismo di Andreotti, il carteggio in questo senso è illuminante. Il 3 luglio 1952 La Pira, sindaco da un anno, torna a chiedere all’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio aiuti economici per offrire concerti gratuiti a Palazzo Vecchio: «Per voi un milione più o meno non significa nulla ma per me è la vita della città», scrive. «Abbi fede, caro Andreotti: ci vuole in pratica meno “machiavellismo” e più “poesia”». L’anno seguente torna a bussare alla porta del governo per ottenere fondi destinati a un convegno di 40 Stati a Firenze: «È o no un bene per il nostro paese? E lo Stato ancora non mi ha dato nulla. Tu che sei lo Stato reso visibile, cosa mi mandi?». A volte il dialogo tra i due è addirittura impossibile. Come nel caso dell’uscita del film francese Tu ne tueras point sull’obiezione di coscienza, che esalta La Pira. La risposta alla sua lettera è gelida: «Personalmente non conosco il film», taglia corto Andreotti, «e neppure desidero vederlo essendo stato vietato da competenti organismi cattolici. Non so dove andremo a finire mettendosi al di sopra della legge e della morale comune».
E proprio ieri su La Pira sindaco nella BiblioteCa Nova dell’Isolotto in via Chiusi si è aperta una mostra fotografica, inaugurata dal sindaco Nardella e dal presidente del quartiere Mirko Dormentoni visitabile fino al 27 gennaio (lunedì 14-19, martedì, mercoledì e venerdì 9-19, giovedì 9-23, sabato 10-19). Per ricordare un periodo irripetibile della storia.
Data recensione: 10/01/2024
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Simona Poli